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ROMA C'è p. 57
Goya - La quinta del sordo
Genere: Sperimentale
Dove: Teatro Patologico
Data: da sabato 5 marzo 2011 a domenica 6 marzo 2011

"Riecco l'acuta penna 'uroborica' del magistrato- drammaturgo GennaroFrancione, che qui presta un suo plot all'adattamentò de La Compagnia dell'Essenza. Sottotitolo "Psicosi saturnina del pittore nero Goya" per un affondo corale e totale, danza,prosa, musica, video, sulla biografia del grande artista spagnolo. Con precisi riferimenti alla crisi che ne segnò la cifra estetica, orientandola verso gli oscuri paesaggi simbolici del preromanticismo, uno spettacolo contro l'imperante cultura dell'immagine.

 

XX Festival del Teatro Patologico in via Cassia 472. Sabato 5 alle ore 21.00 e domenica 6 alle ore 17.30 andrà in scena “Goya La quinta del sordo”, scritto da Gennaro Francione e diretto da Paolo Perelli. Uno spettacolo molto particolare, che parla dei quadri del Goya senza mai farli vedere e il cui obiettivo è raccontare un uomo, il pittore spagnolo per l’appunto, artista “maledetto”, e la sua follia creativa. Una follia che lo ha condotto a vivere la sua vita fino in fondo. E lo spettacolo, che alla recitazione unisce la danza, il movimento e la musica, punta proprio a far vivere lo spazio fino in fondo

http://www.vignaclarablog.it/2011030413849/5-6-marzo-weekend-di-appuntamenti-a-roma-nord/

 


E’ avvolto nell’oblìo onirico il suo corpo, eppure l’animo è vigile, infuocato, vivo. Il suo nome, la sua arte è macchiata dal sigillo dell’inquisizione, il suo animo bucato da indicibili dolori, i suoi sensi si sono arresi al rumore del mondo. Lui è ormai sordo.
Nella sua mente si agitano ricordi confusi, visi di donne amate, odori e sensazioni incancellabili.
Francisco Goya è giunto alla fine dei suoi anni e si trascina in un mondo che ha perso definitivamente l’orientamento ed è cieco all’amore, sordo al grido di dolore del pittore spagnolo che si riduce a dialogare con se stesso, raccontandosi attraverso le sue visioni celestiali oppure mostruose. Ma quelle immagini non sono altro che la proiezione del suo animo colmo di sentimento e delusione, depressione ed ira. Goya è un pittore di enorme talento ma nell’animo lui è come ognuno di noi.
La “Quinta del Sordo” sarà lo spazio privilegiato, il luogo dove potrà dipingere in libertà, lontano dalla Corte ed è lì che lascerà le sue “pitture nere”, cariche di angoscia e turbamento. Le sue donne, la madre e l’arte si uniscono in un’unica magnifica tela, quella dipinta da un impeccabile attore e regista come Paolo Perelli, che in scena soffre la fame, la sordità e la cecità del pittore spagnolo interpretandolo magistralmente accanto alle graziose ballerine Lorena Coppola, Daniela Sannino, Enza D’Auria e Paola Di Tello.
La pièce nasce da un adattamento dei testi di Gennaro Francione e le incantevoli musiche sono di Yann Tiersen e Giacomo Zumpano.
Un’opera teatrale viva, grandiosa, come l’ha saggiamente definita Gennaro, un colossal. Un’emozione da vivere, una cecità da vedere, una sordità che merita di essere ascoltata.
Grandi tutti!
Questa è arte.

di Tania Croce  

http://www.qualeteatro.com/goya-la-quinta-del-sordo/s3b0e0d1c599048029f9f948e66853acb/

 

TEATRO: CON “LA QUINTA DEL SORDO” DI GENNARO FRANCIONE, APERTA A ROMA LA XX EDIZIONE DEL “TEATRO PATOLOGICO”      

Roma, 10 marzo ’11 (Fuoritutto) A Roma, presso il “Teatro Patologico” in Via Cassia ( che da anni realizza progetti teatrali per la crescita del  dialogo  interculturale interrazziale, e il miglioramento psicofisico dei ragazzi disabili ), sino al 27 marzo è in corso la XX edizione del “Festival Internazionale di Teatro Patologico” dedicata alla memoria di Ellen Stewart, fondatrice dello storico Experimental Theatre Group di New York (dove debuttarono, a suo tempo, artisti come Robert De Niro e F. Murray Abraham, e gli italiani Memè Perlini e Mario Martone ), scomparsa, a 91 anni, a gennaio scorso. Dopo la piece teatrale “Tutti non ci sono”, di Dario D'Ambrosi, e la proiezione di “ The house is open", documentario di Fabrizio Croce, Antonio Messia e Donatella Querci centrato appunto sulla storia di Ellen, sul palco del “Patologico” è stato rappresentato  "Goya - La Quinta del Sordo",  un testo di Gennaro Francione, giudice, scrittore e drammaturgo che da anni si dedica al teatro come mezzo per promuovere una più umana concezione della giustizia e della stessa arte.
Con l’adattamento e la regìa di  Paolo Perelli,  lo stesso Perelli e le non meno brave Lorena Coppola, Enza D'Auria, Paola Di Tello e  Daniela Sannino,  protagoniste di ardite coreografie, hanno ripercorso la vicenda artistica e umana di Francisco Goya y Lucientes (1746- 1828), il pittore di capolavori come “ La Maya desnuda” e “La famiglia di Carlo IV”. Gli eccessi giovanili alla Caravaggio e alla Francois Villon, il “Gran tour” in Italia ( dove Goya , tra l’altro, partecipa a un concorso dell’ accademia delle belle Arti di Parma), poi la  grande svolta come pittore di corte per Carlo IV di Borbone. E i tormenti interiori, i guai con l’ Inquisizione ( che non apprezza certo scene di processi alle streghe o di incredibili sabba ), i drammi familiari, gli ambigui rapporti con gli occupanti francesi del 1808-1814 ( che Goya pure condannerà con opere vibranti come “ I disastri della guerra” e “Le fucilazioni del 3 maggio” ). E, eternamente ricorrente, l’edipico rapporto con la madre, Gracia Lucientes. Con luci tenebrose che han ricreato perfettamente le atmosfere mentali dell’uomo che visse molti dei suoi ultimi anni nello studio-dimora madrileno,  da lui pazientemente affrescato, de “La Quinta del Sordo” . 

http://www.agenziafuoritutto.com/home/index.php?option=com_content&view=article&id=2798%3Ateatro-con-la-quinta-del-sordo-di-gennaro-francione-aperta-a-roma-la-xx-edizione-del-teatro-patologico&catid=157%3Acinema&Itemid=1

 

                                  

Goya – La Quinta del Sordo

Scritto da Marcello Tamasco, email Pubblicato il 10/03/2011 alle ore 14:04
Goya – La Quinta del Sordo


Il dramma esistenziale di uno dei maggiori pittori di tutti i tempi. Al Teatro Patologico di Roma “Goya – La Quinta del Sordo”: la vita, l’arte, la passione del grande pittore aragonese nella performance straordinaria di Paolo Perelli e del suo cast, su testi di Gennaro Francione

Roma, mercoledì 9 marzo 2011 – Nell’ambito della XX edizione del Festival Internazionale di Teatro Patologico, dedicata alla memoria di Ellen Stewart, fondatrice del teatro Cafè la MaMa di New York, nelle due giornate del 5 e del 6 di marzo è andata in scena la pièce teatrale “Goya – La Quinta del Sordo”. Il teatro come ambiente vibrante di un’eco remota in cui aleggiano spiritismo, magia e presenze ossessive. “Oscuri terrori, incubi erotici e sanguinari svelano il nostro subconscio di creature abbandonate” declama in scena il grande Paolo Perelli nei panni del Goya in preda alle sue folli visioni. L’aspetto dell’attore, nei panni del pittore aragonese, tra lunghi capelli alla nazarena e pose faunesche, è dato da un miscuglio di contrasti. Occhi magnetici trasmettono un medianico fervore, recitando a mezza voce parole quasi incomprensibili. Piange, va in estasi, trasuda dolore. La voce dell’attore sembra giungere dall’oltretomba mentre attraverso le visioni del pittore ci conduce in un viaggio all’indietro nel tempo. L’angoscia dell’artista aragonese deriva dalla sua sete di verità, dal non poter comprendere le ragioni del suo dolore. Goya come ogni uomo è un essere finito che tende all’infinito, ma il suo mondo terreno costituisce un limite che lo conduce all’infelicità. Egli pur essendo un uomo del suo tempo, che soffre del romantico male del desiderio e si rifugia nell’interiorità o nella stregoneria, per oltrepassare i limiti del mondo, può essere definito un precursore dell’espressionismo del ‘900, che individua nell’arte il mezzo per oltrepassare i limiti dell’opprimente realtà terrena.

Il primo atto prende il via in un’atmosfera allucinata, con una musica melanconica che culla un Goya dormiente, in preda a rimpianti e terrifiche visioni. La scenografia e la postura dell’attore protagonista strappano lo spettatore al reale e lo conducono nell’atmosfera emotiva dell’artista. Esse sono volte a riprodurre fedelmente quanto ritratto nella celebre acquaforte del pittore spagnolo “Il sonno della ragione genera mostri”. Diaboliche creature volteggiano tra i sogni di un uomo travolto dall’inferno delle sue passioni. Gracia Lucientes, la figura femminile, che rappresenta la madre del pittore, interpretata dalla brava Lorena Coppola, resta immobile sul fondale quasi a far veglia al figlio. Poi con magica gestualità realizza una danza e scuote l’artista dal suo torpore. La scena è quasi al buio, come le tinte dei quadri del pittore aragonese, ed una flebile luce rossastra illuminando l’ambiente fa emergere i corpi dall’oscuro fondale. Entrano in scena tre figure femminili in abito nero e maschera grigia sul volto, che formando un tutt’uno, prendono le tetre movenze di un pipistrello danzante. Rappresentano le donne della sua vita, Mariana il suo amore di gioventù interpretata dalla brava Enza D’Auria, Josefa Bayeu la moglie del pittore nei cui panni si cala la brava Daniela Sannino, Caetana la duchessa de Alba sua amante, interpretata dall’espressiva Paola di Tello. Il volteggiare cupo dei suoi ricordi conduce il pittore ad un’angoscia senza limiti. Dal dramma interiore dell’artista che si strugge per sentimento si accenna al dramma sociale. Durante le guerre napoleoniche nella Spagna del ‘700 dilagava la fame. “Voglio dipingere il mondo così com’è, nella bellezza ma anche nella sua bruttezza”.

Perelli nei panni dell’anziano Goya che racconta del suo passato, declama che l’accesso al Palazzo Reale era stato per lui una sventura, poiché il Re era in realtà brutto e pazzo. A questo punto le ballerine con una smorfia nel volto, mimante l’aspetto del Re, smettono di danzare e si pongono sulla ribalta in posa assai buffa, creando forte ilarità generale. Un Goya quarantenne introdotto a Palazzo Reale, viene travolto da inarrestabile passione per Caetana la duchessa de Alba. La brava Paola di Tello, nei panni della duchessa, esegue con estrema grazia una danza che simboleggia il periodo della passione gioiosa col pittore aragonese. Ma di lì a poco il pittore si ammala di sifilide, diviene sordo e perde la voglia di vivere. Qui ha luogo la scena madre in cui un Goya risanato torna al suo genio creativo e riprende a dipingere. Perelli nei panni del Goya tende un drappo appeso tra le quinte del palco e lo fa fluttuare nell’aria con un gioco di luce e di movimento che simboleggia il fluire della creatività, mentre le donne della sua vita danzano attorno al palco. Poi una musica cupa avvolge la sala del teatro ed un Goya in preda al dolore si getta in ginocchio affogato nel pianto. È il momento dell’uccisione del figlio Antonio Francisco, durante la rivolta per la libertà. Una voce fuori campo recita: “La Sant’Inquisizione vi accusa…avete dipinto l’orrenda nudità del demonio” mentre riecheggia nel teatro una risata satanica. La scena riapre su un Goya anziano divenuto sordo per il morbo d’amore che tormentato dai ricordi e con aria smarrita si aggira nella sua casa in collina. “Impazzisco di dolore perché sento in me la malvagità del genere umano”. Perelli nei panni del Goya emette un ghigno animalesco e con affanno prende a camminare a schiena ricurva. “Si può cambiar strada, raggiungere i mostri che abbiamo in noi. Divino è il Sabba” dice a braccia aperte ed urlando in tono diavolesco. Goya tra passione e sacrilegio, era stato introdotto alle pratiche magiche del Sabba dall’occultista italiano Cagliostro. Il pittore aragonese rivela infatti nelle opere il suo lato oscuro, un morboso interesse per scene di violenza o stregoneria. Goya, affamato di conoscenza, pur essendo sordo sente con l’anima. Il dialogo con sé stesso deriva dalla spasmodica ricerca delle profonde ragioni della sua arte e della sua stessa esistenza.

Gennaro Francione, autore del testo, ha dichiarato: “La nostra è Antiarte, una sorta di rivoluzione. Si tratta di una catena di fratellanza che va all’infinito”. Per Antiarte l’autore intende l’esplorazione di nuovi linguaggi, una perenne produzione artistica che deriva dalla fusione di varie forme artistiche, tra teatro, musica, danza e quant’altro. Paolo Perelli poliedrico artista, interpreta magistralmente il ruolo di Goya, quasi a riportarlo in vita nel nostro stesso secolo. Abbraccia le sue membra, piange, urla, digrigna i denti in segno di ribellione e ci pone dinanzi un uomo che vuol essere sé stesso e null’altro, al di là di ogni dictat estetico-morale. Modulando la voce entra nei differenti stati d’animo del pittore aragonese, con grandi sorrisi a braccia aperte nella sua gioia, con balzi improvvisi nella sua vitalità giovanile, con i suoi discorsi ossessivi nella sua fragilità e nelle sue paure. La performance di tutti gli interpreti è intensa, partecipata, tanto da condurre alla realizzazione di un’opera teatrale palpitante e coinvolgente. “Ad inizio ed a fine spettacolo proviamo grande emozione, sentiamo il pubblico parte di noi. Il momento di andare in scena è indescrivibile, nel concentrarci ci sentiamo in un’altra dimensione…ed anche dietro le quinte seguiamo nell’immobilità la vita del pittore maledetto” dichiara Paola di Tello, una delle talentuose interpreti della pièce teatrale.

Alla fine della rappresentazione sembra di udire le parole di Ellen Stewart: “Quel che conta è toccare le persone…il teatro predilige la gioia viva ed immediata tra artisti e pubblico”, ed un applauso grande di riconoscenza avvolge l’intero salone del teatro.
 

 

http://www.cittametropolitana.info/?p=694

http://www.gufetto.it/teatro/teatro-recensioni/1645-goya-la-quinta-del-sordo-teatro-patologico-roma.html

 

 

 

GOYA - LA QUINTA DEL SORDO

Scritto da  Guido del Cornò

GOYA - LA QUINTA DEL SORDO - TEATRO PATOLOGICO - VIA CASSIA 472 - ROMA

 Scheda
GOYA - LA QUINTA DEL SORDO - TEATRO PATOLOGICO - VIA CASSIA 472 - ROMA
CON PAOLO PERELLI
DI GENNARO FRANCIONE

L’antica lotta tra pathos e follia, tra orgasmo e depressione, tra genio e distruzione;
una madre, presenza inquietante ed impetuosa, anche se silente;
la visione onirica dei propri amori nelle splendide immagini delle tre ballerine, che dialogano con movimenti sinuosi in un rapporto fisico ed interlocutorio con l’attore;
la “Maya” appena accennata, appena desnuda, in un effetto bianco-nero di Goya, velata e in penombra.
La morte, impersonata da una “inquisizione” posseduta , che avvolge nelle sue ali di drappo nero e con il suo ”alito fetido” la vittima, prima di fagocitarla.
La recitazione sotto effetto del rantolo, forse anche eccessiva, ma al genio tutto è permesso, anche l’urlo ed il ridondante, se non l’orpello ed il troppo.
Tania scrive: “questa è arte”!!!
Si può aggiungere: “questo è il sublime”!!!

GUIDO DEL CORNO'

 

http://www.crocedilizia.com/spettacoli-e/item/263-goya-la-quinta-del-sordo