Maschera e Volto
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   La Maschera e il Volto

 

            Di Agius, Maya & Francione

 

                            

     Ritornano Sergio Ammirata e Patrizia Parisi con la loro compagnia “La Plautina”, all'ombra della Quercia del Tasso, per la ventisettesima edizione, che allieterà le serate dei romani dal 28 giugno al 31 agosto.

In scena, La Maschera e il Volto, tutte le sere dal martedì al sabato, una delle più straordinarie commedie del '900, è un affresco geniale e grottesco della società dell'epoca, rappresentata per la prima volta nel 1916. Come nella vita, coniuga risata, sentimento, cinismo e amarezza, fondendo tanti temi: il delitto d'onore, la simulazione di reato, gli equivoci e l'amore che, nonostante tutto, vince.

Luigi Chiarelli è stato un grandissimo drammaturgo, offuscato solo da un genio più grande: Pirandello. Fu uno dei portavoci di quella generazione di autori del grottesco operanti nella seconda metà degli anni ’10.

Il  grottesco nasceva dalla commedia borghese, con l’intento però di scardinarla capovolgendone il senso ed il significato: non più il trito e ritrito “happy ma un finale di sospensione assurdo,  in un misto, come dice l’espressione “grottesco” già usata da Hugo nella prefazione del Cromwell, di comicità e tragedia.  Nel caso de La maschera  e il volto un marito allontana la moglie traditrice e dichiara di averla uccisa. Viene processato e prosciolto, diventa un eroe, ma quando la moglie torna e i due scoprono di amarsi, lui viene accusato di simulazione di reato. Un’altra novità della commedia fu l’aver impostato il terzo atto su quello che era stato un fondamento dei futuristi e di un manifesto di Palazzeschi: trasformare un funerale in occasione di umorismo.

 Ma chi era Chiarelli? Nato nel 1880 a Trani il giovane  non completa gli studi universitari intrapresi, e si dedica già ai primi anni del Novecento all'attività di critico teatrale e di giornalista. Nel 1914 vengono rappresentati due suoi drammi in un atto, Extra dry e Una notte d'amore; nel 1916 si mette in scena La maschera e il volto, composto nel 1913 con grande successo di pubblico e di critica, tanto che l’autore si dedica  interamente all'attività teatrale come organizzatore di compagnie e come autore (Chimere, 1920; Fuochi d'artificio, 1923; Un uomo da rifare, 1932). Muore a Roma nel 1947.

Ammirata ha ridotto i  tre atti de  La maschera e il volto in due con agilità e compattezza azionando le sue maschere  tradizionali rappresentate da  mariti filosofi e donne adultere, insomma i soliti personaggi da commedia, che come marionette vengono tutti adattati al grottesco centrale, " alla rappresentazione deformata della vita solita del teatro di maniera, resi vivaci dalla volontà costruttrice dell'autore, che con molta abilità e molta elasticità d'ingegno li compone in modo piacevole”.

Un ineguagliabile Sergio Ammirata non solo nella regia ma nell’esecuzione sempre sobria  e calibrata. Un pezzo di bravura ma anche un atto di coraggio. Come ha spiegato il regista alla fine dello spettacolo, dopo le origini plautine, pian piano la sua compagnia ha cominciato ad avanzare nel tempo. Ora è arrivata al primo decennio del Novecento.

Abbiamo visto pochi giovani alla Quercia del Tasso. La chiave per rivederli in teatro, noi l’abbiamo: mettere in scena la nuova drammaturgia.

Ci auguriamo che Ammirata cavalcando a sprone ancor più battuto il cavallo di Kronos si lanci nella drammaturgia degli autori viventi per attingervi pièce degne del suo repertorio. Per questo gli rivolgiamo un cordiale invito. “Caro maestro, le parla un rappresentante della nuova commedia dell’arte italiana. Noi abbiamo fede in lei che ha avuto il coraggio di mettere in scena Chiarelli.  Voglio offrirle un pensiero di meditazione. Come voi attori e registi godete ad avere l’applauso vibrante del pubblico, così anche gli autori desiderano di partecipare alla vostra gioia. Perché volete continuare a celebrare la festa dei drammaturghi morti? Possibile che non solo la pièce di Chiarelli ma tante altre commedie sul 90 % dei palcoscenici italiani  debbano finire coi funerali grotteschi degli Eduardo, Pirandello e Goldoni, invece della gioia trionfante di autori in carne ed ossa?”.

Rivolgiamo  questa preghiera a lei che è un maestro e ha cuore, oltre che grande fegato. Lei è uno che non  ha bisogno di maschere perché il suo vólto è radiosamente vòlto a leggere nel futuro della nuova drammaturgia. Aspettiamo, fiduciosi,  che lei metta in scena la nuova commedia dell’arte italiana.