Citazione e plagio
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T.S. Eliot

I poeti immaturi imitano. I poeti maturi rubano

  FINO A CHE PUNTO LA CITAZIONE E’ LECITA?

     Il decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003, emanato in attuazione della direttiva 2001/29/CE “sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione”, ha  introdotto importanti novità nel corpo della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore: due riguardano il diritto di cronaca e di critica costituzionalmente garantito.

    La nuova normativa tutela ampiamente il diritto di cronaca, modificando e integrando l’articolo 65 della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore con un comma (il secondo, aggiunto di sana pianta) molto chiaro: “La riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell'autore, se riportato”. Questo comma affianca il primo, che fino al 28 aprile costituiva l’intero articolo 65: “Gli articoli di attualità, di carattere economico, politico, religioso, pubblicati nelle riviste o giornali, possono essere liberamente riprodotti in altre riviste o giornali, anche radiofonici, se la riproduzione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la rivista o il giornale da cui sono tratti, la data e il numero di detta rivista o giornale e il nome dell'autore, se l'articolo è firmato”.

    In pratica il nuovo articolo 65  giustifica la riproduzione o la comunicazione al pubblico di opere dell’ingegno (e l’espressione “comunicazione al pubblico” abbraccia anche i media dell’ultima e penultima generazione, quali il web e la tv) con l’esercizio del diritto di cronaca sia pure contenuto nei limiti “dello scopo informativo”.

Il legislatore sostanzialmente ha recepito, con 31 anni di ritardo, una massima giurisprudenziale ricavata dalla sentenza 15 giugno 1972 n. 105 della Corte costituzionale: “Esiste un interesse generale alla informazione - indirettamente protetto dall’articolo 21 della Costituzione - e questo interesse implica, in un regime di libera democrazia, pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee”.

  Anche l’articolo 70 della legge n. 633/1941 ha subito un significativo ritocco che allarga la libertà di critica e di discussione collegata all’impiego di parti o brani di parti di opere dell’ingegno: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”.

  La novità rispetto alla vecchia normativa  è costituita dall’espressione “comunicazione al pubblico”, che abbraccia, come riferito, l’utilizzazione di tutti i mass media, vecchi (giornali e radio) e nuovi (tv e web). Ne consegue che “il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione”[1].

Insomma, di fondo,  è consentita l'utilizzazione a scopo di critica, discussione o insegnamento, purché si citi la fonte e si usi il virgolettato, per pezzi più lunghi o di particolare valore stilistico-espressivo. 

Anche  a livello di danno, non sembra che l'autore possa riceverne quando un altro autore lo citi più o meno estesamente, così contribuendo alla diffusione delle sue informazioni facendo nel contempo pubblicità "gratuita" alla sua opera.

Ma vediamo alcune regole pratiche alla luce del mutato spirito alimentato dalle nuove tecnologie informatiche di scrittura e di diffusione delle opere.

 1) Nella qualità: quanto più si discute o si critichi un assunto tanto più si può  citare.

2) Nella quantità: quanto più è vasto il "tuo" scritto rispetto a quello citato, tanto più sei in regola.

3) Nella tecnologia imperante  della superinformazione resa facile dai sistemi riproduttivi, la valutazione della citazione proibita si restringe, proprio per la facilità di trasferimento dei dati da altra fonte, dove quello che conta è il trasferimento veloce delle informazioni, a poco contando le modalità espressive di un concetto. Nell’assemblaggio e rielaborazione di masse di dati per lo strumento usato è più facile che pezzi rimangono intonsi contando, comunque, l’animus di riformulazione di idee, situazioni, immagini per trasmettere informazioni e non certo per rubarle ad altri, spacciandole come proprie.

4) La divulgazione storica si basa su una catena di informazioni trasferite da uno studioso all'altro a partire dall’originario ricercatore, il quale ovviamente ha funzione diversa da chi divulghi, sintetizzi, commenti risultati di originarie ricerche. Ogni autore storico copia-cita qualcun altro e la cultura si fonda paradossalmente proprio sulla trasmissione dei concetti tratti da altra opera.

5) Ne deriva come corollario che un autore, purché virgoletti e citi la fonte,  può riportare integralmente catalogazioni fatte  da altro autore  in campo storico, scientifico etc. proprio per divulgare i risultati analitici di quella ricerca essendo questo nello spirito dell’originario catalogatore.

6) Un'unica eccezione a quest'amplissima possibilità di riprodurre è il caso di opera letteraria o di "saggistica estetica", scritta cioè con uno stile personale tale da rasentare il letterario. Qui, invece, s'impone il rigore, con l'uso limitato della citazione, riportando accuratamente  la fonte  e usando il virgolettato,  in quanto l'autore susseguente non può   assumere come sue forme stilistiche che sono proprie di chi l'ha preceduto.

    Per concludere, considerando  l’idea di plagio  un mito inesistente, riteniamo che il campo di predicabilità dell’uso illecito di opera altrui è notevolmente ristretto, anche alla luce dell'art. 21 della Costituzione e della massima citata della Corte Costituzionale. Ciò  in linea con la visione anticopyright del giudice Francione, il quale ritiene che il profitto primario di un autore è uno solo: vedere diffusa la sua opera in qualunque forma o con qualunque mezzo[2].

E' questo l'interesse anche del vero proprietario di qualunque diritto d'autore, l’Uomo in Grande, il quale da sempre non fa che diffondere le sue informazioni nella massa interrelazionale, in ciò “riproducendo” l’agire dell’Universo che, senza scambio e copia d’informazioni per prove e riprove, neppure sarebbe com’è adesso. Forse non sarebbe proprio.

             Gigi Trilemma  

- Comitato per la salvaguardia della Cultura Europea

da   http://italy.indymedia.org/news/2005/11/921165.php


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[1] Il nuovo diritto d'autore estende cronaca e critica
di Franco Abruzzo - 22.05.03 ,   da “Il Sole 24 Ore” del 3 maggio 2003, rip. da  http://www.interlex.it/copyright/abruzzo11.htm

[2] Così nell’editanda opera di Francione No copy, no party – Sentenza anticopyright prima  e dopo.

 

 

http://www.hkulture.blogspot.com/

http://www.ziobudda.net/Admin/redir_news.php?id=25095

http://linux-club.org/modules.php?name=News&file=article&sid=657

http://it-diritto-internet.sociale.newsgroup.virgilio.it/

http://mailgate.supereva.com/it/it.diritto.internet/msg82850.html

http://reader.li.ru/group//it.diritto.internet/

http://riassunto.jsk.it/det/9/110/200/

http://zone-h.it/it/feeds/year=2005/month=11/

http://www.happyhits.it/cerca/istruzione/cultura.html

http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=9798

 

 
CORTE DI CASSAZIONE - PRIMA SEZIONE CIVILE, SENTENZA 19 febbraio 2015, n. 3340

Sul “plagio parziale”: diritto di utilizzazione di un’opera intellettuale

I Giudici della Suprema Corte, con la pronuncia in epigrafe, intervengono al fine di chiarire la portata del c.d. “plagio parziale”.
Nel caso de quo, i titolari del diritto di utilizzazione di un’opera intellettuale, trattasi, nella fattispecie in esame, del testo di una canzone, hanno adito il giudice di merito per ottenere l’interdizione dell’uso di parte della canzone da parte dell’interessato e sentir pronunciare verdetto di plagio.
La Suprema Corte, nonostante il ricorso sia stato respinto, ha comunque chiarito la questione in esame, soffermandosi, come anticipato, sul c.d. plagio parziale, il quale si verifica in tutti i casi in cui, ad esser colpita da plagio, sia soltanto una parte dell’opera, e non già necessariamente l’opera nel suo complesso.
Specificamente, secondo gli Ermellini, al fine di integrare il plagio, non è necessario che esso si rivolga all’opera nella sua “totalità”, bensì potrebbe anche limitarsi al c.d. “cuore dell’opera”, purché essa assuma, nella nuova opera artistica, un ruolo non diverso o comunque simile a quello dell’opera che si assume plagiata.
La Suprema Corte enuncia, dunque, il principio di diritto, sottolineando che “in tema di plagio di un'opera musicale, un frammento poetico-letterario di una canzone che venga ripreso in un'altra non costituisce di per sé plagio, dovendosi accertare, da parte del giudice di merito, se il frammento innestato nel nuovo testo poetico-letterario abbia o meno conservato una identità di significato poetico-letterario ovvero abbia evidenziato, in modo chiaro e netto, uno scarto semantico rispetto a quello che ha avuto nell'opera anteriore”.

http://www.ildirittoamministrativo.it/ultimissime/index.php