TRENO 8017
Home Up Il Treno Maledetto TRENO 8017 Il Peso dei Ricordi

 

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO

Facoltà di Lettere e Filosofia

DISPAC – Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale

insegnamento di antropologia culturale

 

in collaborazione con

 

ICATT – Istituto a Contenzione Attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze

 

 

TRENO 8017

il 3 marzo 1944, la memoria, il ricordo

 

 

 

Fisciano, 29 marzo 2011 – TEATRO DI ATENEO

 

PROGRAMMA:

 

Ore 10,30, Saluti:

Raimondo Pasquino, Magnifico Rettore dell’Università di Salerno

Luca Cerchiai, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia

Mauro Menichetti, Direttore del DISPAC

Isabella Innamorati, Docente responsabile del Teatro di Ateneo

Annibale Elia, Direttore Dip. di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione

Rita Romano, Direttore dell’ICATT

Costantino di Carlo, Sindaco di Balvano

 

 

ore 11,00 introduzione ai lavori:

 

Bianca Arcangeli, docente di metodologia delle Scienze sociali.

Vittorio Dini, docente di Storia della Governamentalità.

 

ore 11,15: La memoria, il ricordo, la ricerca scientifica:

 

Proiezione di “3 marzo 44”, documentario etnografico sulla tragedia del treno 8017. A cura di Vincenzo Esposito, docente di Antropologia culturale.

 

ore 12,00: La performance culturale:

Treno 8017. Dalla memoria al ricordo. Messa in scena teatrale critico riflessiva. A cura Pino Turco, con i detenuti dell’ICATT, con la collaborazione di Paolo Garofalo.

 

 

0re 13,00: conclusioni:

Pasquale Iaccio, docente di Storia del Cinema.

Intervento di Gennaro Francione, figlio di Vincenzo e nipote di Giulietta Brancaccio deceduta nel disastro.

 @@@@@@

«3 marzo ‘44»: la memoria, il ricordo, la ricerca scientifica

 

Quando mi imbattei nei fatti tragici di Balvano, della Galleria delle Armi e del treno merci 8017 non pensai affatto che tutte quelle vicende dolorose – le vite e le morti di circa seicento persone, lo sforzo pressoché inutile di quei pochi che furono precettati per un tardivo tentativo di soccorso, il nefasto sfondo sul quale gli avvenimenti si produssero, quello della II guerra mondiale – potessero dare il via ad una ricerca etnografica sul campo diretta da un antropologo culturale e, soprattutto, non pensai che potessero diventare l’oggetto di un video documentario di natura etnologica, capace di proporre non un tentativo di interpretazione dei fatti – di per se stessi fin troppo chiari – ma una loro chiara contestualizzazione sociale, ambientale, culturale. In grado di porsi come momento critico, riflessivo e dialogico relativo agli avvenimenti. Avevo torto.

Come antropologo e come essere umano, mi sentii coinvolto perché avevo netta la sensazione che, per quanto dimenticate, le vicende di Balvano e del treno 8017 fossero una parte della nostra tradizione e della nostra storia sulla quale, professionalmente, avrei potuto dire qualcosa. In questo senso, il documentario che presento può definirsi un «lavoro» etnologico audiovisivo sulla memoria e sulla costruzione di un ricordo. Perché le tragiche e singolari vicende occorse al treno 8017 sotto la Galleria delle Armi, a Balvano, in provincia di Potenza, con la loro lista di centinaia di morti, rappresentano, per chi le ricorda e le vuole celebrare mestamente ma anche con fiera consapevolezza, il limite tra un passato tragico di guerra, che non deve ritornare, con la sua lunghissima sequenza di catastrofi e di lutti, ed un presente problematico – quindi con tutte le sue contraddizioni ma anche con alcune precise convinzioni come il rifiuto di ogni guerra e di ogni violenza. A Balvano è avvenuta la più grande sciagura ferroviaria d’Europa e, contemporaneamente, è stata costruita una tradizione che la ricorda e ne rende sopportabile il peso «storico». O, in altre parole, ci si trova di fronte a una vicenda che è diventata, per molti, una tradizione in senso antropologico: una «ricordo» che ci indica chi siamo oggi e chi eravamo ieri. È questo ciò che ho provato a mostrare con il mio documentario.

Tuttavia, il video documentario sui fatti del marzo ’44 deve essere considerato etnologico per un’altra importante questione e cioè per il modo in cui è stato realizzato e costruito. È superfluo, credo, precisare che esso derivi da una lunga ricerca che si è svolta sul campo, raccogliendo dalla viva voce degli informatori le maggior parte delle notizie utili a ricostruire il contesto nel quale si svolsero le drammatiche vicende che racconta. È infatti importante sottolineare come nel documentario non vengano raccontati o ricostruiti i fatti «così come si sono svolti» ma venga interpretata – attraverso il punto di vista di Vincenzo Pacella, allora giovane militare italiano in attesa di destinazione dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43, di Ugo Gentile, giovanissimo capostazione di Baragiano e di Vincenzo Francione, figlio di una delle vittime dell’incidente – la temperie culturale che fece da cornice ai fatti del treno 8017, ovvero quel grande sfondo storico, politico e sociale che è stata la II guerra mondiale, col suo inumano carico di strazio, morti, miseria, bombardamenti, distruzione, follia politica, macerie materiali e morali. Uno sfondo drammatico sul quale l’umana presenza, per dirla con de Martino, provava, nonostante tutto, a rimanere sveglia nel suo tentativo di trasformare il contingente in valore; provava a trovare gli strumenti morali e culturali per arginare quel negativo per eccellenza, da intendersi come incapacità di reagire ed agire nel contesto in maniera realisticamente e concretamente orientata, in assenza dei più elementari beni materiali, atti a garantire la sia pur minima sopravvivenza materiale.

Questo lavoro di ricostruzione e interpretazione del contesto è avvenuto attraverso una tecnica narrativa squisitamente antropologica, quella del collage. Un contributo capace di presentare simultaneamente – per la specificità del mezzo tecnico e del suo linguaggio – materiali e documenti che, per loro «natura», sembrano eterogenei e forse incomparabili: testimonianze, pagine di libri, sequenze cinematografiche, canzoni scritte per ricordare, fotografie d’epoca. Materiali e documenti che invece – grazie al linguaggio del medium, alla tecnica del montaggio in particolare – messi insieme si disambiguano e forniscono un nuovo, possibile senso a ciò di cui già sono interpretazione, narrazione, descrizione, rappresentazione.

iVincenzo Esposito
docente di Antropologia culturale
Dispac - Facoltà di Lettere e Filosofia
Università degli Studi di Salerno

@@@@@@@@@

http://www.salernonotizie.it/notizia.asp?ID=14240

http://www3.unisa.it/news/index/idStructure/1/id/2730

http://www.salernobynight.com/artNews.asp?idNews=3049

http://www.salernoinprima.it/unisa/6863-una-giornata-di-studio-sulla-tragedia-di-balvano.html

 

 

Vincenzo Esposito