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                                                       Sollevata eccezione d'incostituzionalità della repressione penale della diffamazione  a mezzo stampa dal giudice Gennaro Francione, il quale invoca i principi di libertà di espressione e soprattutto  di eguaglianza stabiliti dalla nostra costituzione proponendo per i cittadini comuni  la stessa scriminante  in materia prevista per i parlamentari quanto meno quando esprimano la loro opinione in chiave di critica politica.

 

 

TRIBUNALE DI ROMA

 

IL GIUDICE

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

 

      letti gli atti  a carico dell'on. Mevio,  querelato dal senatore Sempronio  per diffamazione a mezzo  stampa, per  un articolo pubblicato sul giornale "La Gazzetta di Ostierdam";

      rilevato che il senatore Sempronio nella sua querela escludeva che nel caso di specie ricorresse a favore dell'on. Mevio la scriminante ex art. 68 co. 1 della Costituzione, in quanto le dichiarazioni sarebbero state rese  al di fuori dell'esercizio delle funzioni di parlamentare;

 

OSSERVA

 

      Il problema della libertà di pensiero e di espressione, affrontato nei tempi e nelle condizioni più diverse, come dai redattori della Dichiarazione di Indipendenza americana e della Costituzione italiana, ha sempre dato la stessa risposta: si tratta di un diritto essenziale e inalienabile. "L'informazione è un diritto fondamentale dell'uomo ed è  la pietra di paragone di tutte le libertà" dichiara la Risoluzione n. 59 del 14 dicembre 1946 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

      L'art. 2 della nostra Costituzione sancisce che: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità".  Tra questi diritti vi è la libertà di pensiero, d'informazione e di espressione, richiamate come uno dei pilastri della democrazia dagli artt. 9 e 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e dagli artt. 18 e 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, recepiti dal nostro sistema normativo grazie anche alla norma di inglobamento dell'art. 10 che recita: "L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute". Soprattutto la libertà di espressione del pensiero è garantita dall'art. 21 della nostra Costituzione là dove afferma che: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure".

      La libertà di espressione e l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge in riferimento a questa libertà, a parere del giudicante, è compromessa dall'immunità parlamentare, richiamata peraltro nelle carte di questo processo vista la qualifica delle parti, istituto il cui fine è di permettere ai parlamentari di agire e dire in piena libertà e indipendenza nella loro funzione politica al riparo da pressioni esterne.  Specificamente l'articolo 68 della Costituzione, modificato dalla legge costituzionale 29 ottobre 1993 n. 3, disciplina nella prima parte l'insindacabilità dei membri del Parlamento per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni (primo comma).

      Orbene di fatto questa norma discrimina cittadini che esprimono le loro idee, soggetti a incriminazione in caso di diffamazione,  e cittadini parlamentari i quali, invece, possono impunemente  "diffamare" in nome della funzione politica  svolta. Ciò malgrado i parlamentari  siano rappresentanti del popolo e, quindi, virtuali paradigma di comportamento etico ineccepibile, essendo invece portatori di prerogative diversificanti, in nome delle quali possono usare espressioni che per i cittadini comuni portano alla diffamazione e alla pena e per i parlamentari no.

      Se quella prerogativa parlamentare dev'esserci, come c'è, il principio di eguaglianza impone che ogni cittadino possa esprimere il proprio pensiero ed eventualmente "stigmatizzare in maniera virulenta" chi agisca in chiave politica, senza incorrere nelle maglie della legge penale.

      In tale prospettiva appare il problema di fondo  della concezione della Politica.   Da tempo nel linguaggio è invalso l'uso di dare il titolo di "politico" solo in relazione a coloro che si dedicano all'attività di partito e di governo. Siamo molto lontani da quanto intendeva Aristotele quando definiva la Politica  la scienza e l'arte di organizzare la Polis o la Città, ovvero in modo che i suoi abitanti possano vivere felici, cioè nella soddisfazione delle proprie esigenze, e da quanto intendeva Montesquieu quando  introdusse la distinzione tra "Potere Legislativo, Potere Esecutivo e Potere Giudiziario", motivando che "può dirsi libera quella costituzione in cui nessun governante possa abusare del potere a lui confidato. L'unica garanzia contro tale abuso è che il potere arresti il potere, cioè la divisione dei poteri, e che tali poteri fondamentali possano essere affidati a mani diverse in modo che ciascuno di essi possa impedire all'altro di esorbitare dai suoi limiti convertendosi in abuso dispotico". 

      Tra i poteri in grado di controllare i detentori della res publica e denunziare qualunque stortura, devianza, strumentalizzazione, per far sì che essa in trasparenza sia retta da persone integerrime, c'è in primis il Terzo Potere, la Magistratura, cui spetta non solo un compito di conservazione dello status quo ma di critica dinamica al sistema per renderlo eguale e realmente democratico, con metodi rigorosamente legittimi tra cui rientra anche la  stilanda ordinanza d'incostituzionalità.

      Alla magistratura si affiancano il Quarto Potere, la Stampa, il Quinto Potere, la Televisione, e, ultimo arrivato, il Sesto Potere, l'Internet, dove a chiunque è concesso di accedere per manifestare con grande libertà il proprio pensiero e la propria critica.

      Orbene tutti questi poteri alternativi hanno il diritto ma soprattutto il dovere morale e sociale di stigmatizzare il Potere Politico che contravvenga ai suoi doveri di tutela della cosa pubblica, essendo ciò contenuto nell'art. 3 della Cost. che al 2° co. recita: "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

      Nella fattispecie sottoposta al verdetto di questo giudice, poiché di fatto l'art. 68 della Costituzione crea disuguaglianza tra i cittadini quanto alla libera espressione del pensiero,  la sua permanenza, alla luce degli articoli 2, 21 Cost., non può non risolversi in un'incostituzionalità della normativa penale sulla diffamazione a mezzo stampa che crea una disparità di trattamento tra privati e soggetti pubblici con prerogative parlamentari, trattati questi ultimi diversamente quanto alla loro capacità di esprimersi, criticare, attaccare  l'altrui reputazione senza incorrere nella legge penale. Ciò in contrasto irrefragabile con l'art. 3, 1° comma della Costituzione che recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".

      In definitiva le libertà globalizzate di pensiero, di parola, d'informazione e di espressione appaiono più che mai principi fondamentali su cui, nella costituzionalizzazione di fatto delle norme,  si deve provare a ricostruire un nuovo mondo di realmente liberi ed eguali di fronte alla legge, eliminando le prerogative  oggi esistenti o meglio estendendole ai cittadini comuni. Necessità imperante  oggi più che mai nell'era di Internet che ha ampliato le frontiere di espressione e pubblicazione delle proprie idee a tutti i cittadini che non possono essere discriminati rispetto ai politici che sono i loro stessi rappresentanti.  Ciò affinché la comunicazione politica su cui l'esercizio della democrazia si basa, sia plurale ed efficace, in grado di coinvolgere la cittadinanza e di renderla partecipe al sistema di governo in maniera davvero cooperante,    solidale, egualitaria, com'è proprio del concetto antico di politica, cioè di dimensione in cui ogni uomo partecipa alla vita dell'urbe in pari condizioni con tutti gli altri.

      In via generale, quindi, al cittadino, che è politico in ogni sua azione, dovrebbe essere concesso di esprimere le proprie opinioni sulla res publica senza incorrere nella legge penale.

      Nello specifico al cittadino dovrebbe essere consentito di attaccare verbalmente o con scritti il politico così come fa il politico col cittadino o con un altro politico, quando entrambe le categorie agiscano in virtù di un'azione politica strictu sensu, ovvero di denunzia sociale di un comportamento commissivo o omissivo  ritenuto criminale, illecito, immorale, etc., tale da ingenerare effetti negativi per lo Stato. Ciò sia che quel comportamento afferisca alla sfera pubblica sia che attenga a quella privata, quando si tratti di fatti di rilevante interesse pubblico, concernenti la collettività e il diritto supremo di questa ad essere informata.

      Tale discorso è in linea anche con l'intervento delle Sezioni Unite della Cassazione (16 ottobre 2001/37140) con cui si è dato amplissimo spazio al diritto di cronaca qualora sussista un interesse pubblico alla conoscenza della notizia poiché, in tal caso, "la situazione giuridica del giornalista si sposta sempre più verso la sua polarità passiva: a fronte di fatti massimamente rilevanti la cronaca diviene sempre meno potere del giornalista e sempre più suo dovere, sempre meno un semplice interesse del cittadino e sempre più un suo diritto di natura pubblicistica" (Trib. Monza, 10 aprile 1995, Bossi, in Cass. Pen., 1995).

      In conclusione la normativa sulla diffamazione a mezzo stampa che dovrebbe applicare questo giudice e che porta addirittura a  una repressione penalistica (e non al più meramente civilistica) della fattispecie, appare in contrasto con i principi fondamentali della libertà di pensiero,  di informazione e di espressione garantiti dalla Costituzione agli artt. 2, 3, 21, soprattutto in rapporto all'art. 68 della Costituzione là dove si crea una discriminazione ingiustificata (visto che ogni soggetto del popolo è politico) tra parlamentare e cittadino comune, categorie dichiarate più che mai eguali davanti alla costituzione del nostro stato democratico. Alias, in ipotesi parallele di "diffamazione con pretesto politico" il primo potrebbe avvalersi dello scudo parlamentare; il secondo è soggetto alla multa o addirittura al carcere.

      Una disparità che porta la coscienza del giudicante a sollevare questione d'incostituzionalità, apparendo la repressione penale della diffamazione a mezzo stampa contraria allo spirito di democrazia reale espresso nei diritti fondamentali della nostra Costituzione,  rimettendo la decisione in merito alla saggezza illuminata di codesto Eccellentissimo Consesso.

 

P.Q.M.

 

      vista la L. Cost. 9 febbraio 1948 n. 1(G. U. 20-2-1948 n. 43) e la  legge 11 marzo 1953 n. 87  dichiara non manifestamente infondata la questione di incostituzionalità degli artt. 595 1°, 2°, 3 ° co. c.p.  e 13 legge 8.2.1948 n. 47 con riferimento agli artt. 2, 3, 21 in relazione all'art. 68 primo comma della Costituzione  e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sospendendo il giudizio in corso.

      Ordina che a  cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

      Ordina trasmissione della presente ordinanza per conoscenza al Presidente del Tribunale di Roma.

      Così deciso in Roma il 21 febbraio 2003

 

                           IL GIUDICE

                        dott. Gennaro Francione

 

 
http://www.gazzettadelsud.it/index.asp?Pagina=edizioni.asp&Edizione=edz-in.asp&ART=010

http://www.ilcannocchiale.it/blogs/style/winter/dettaglio.asp?p=13&id_blog=338

http://it.groups.yahoo.com/group/PoesiAzionArte/message/190

http://lalegge.ipsoa.it/NEWS/trib.%20roma%2021.2.2003%28diffamazione%29%28seminara%29.htm

 

 
Casi di giornalisti in carcere  per diffamazione

IL caso Surace

di Patrizia Notarnicola

“Vive la France, vive la libertè!”.Sarà stato questo il primo pensiero del giornalista Stefano Surace non appena ha rimesso piedi a Parigi dopo la sua fuga da Napoli? Qui era agli arresti domiciliari a causa di quattro condanne per diffamazione a mezzo stampa risalenti a quarant’anni fa. Noi lo avevamo raggiunto telefonicamente dieci giorni prima dell’ evasione.

Personaggio anomalo del giornalismo italiano, Stefano Surace negli anni ‘60 era stato direttore di Le Ore, settimanale provocatorio diventato poi una rivista hard-core. “Lo avevo fatto” racconta “perché all’epoca chi dirigeva quel tipo di giornali frequentemente finiva in carcere con l’accusa di pubblicazioni oscene. Ed era quello che io volevo. Avevo in mente un’ inchiesta sulle condizioni di vita dei detenuti in Italia”. Per ben diciotto volte entrò in nove galere del Paese, da san Vittore a Milano, a Poggioreale di Napoli, fino alle case circondariali di Monza, Arezzo, Voghera, Legnano, Cicciano, Desio. Quelle condizioni le viveva così sulla sua pelle e le raccontava nei Personaggio anomalo del giornalismo italiano, Stefano Surace negli anni ‘60 era stato direttore di Le Ore, settimanale provocatorio diventato poi una rivista hard-core. “Lo avevo fatto” racconta “perché all’epoca chi dirigeva quel tipo di giornali frequentemente finiva in carcere con l’accusa di pubblicazioni oscene. Ed era quello che io volevo. Avevo in mente un’ inchiesta sulle condizioni di vita dei detenuti in Italia”. Per ben diciotto volte entrò in nove galere del Paese, da san Vittore a Milano, a Poggioreale di Napoli, fino alle case circondariali di Monza, Arezzo, Voghera, Legnano, Cicciano, Desio. Quelle condizioni le viveva così sulla sua pelle e le raccontava nei suoi articoli. Frutto di queste esperienze fu la creazione dell’AIDED, la Associazione Italiana Cittadini Detenuti, Ex- Detenuti e loro familiari, definita dalla stampa del tempo “il primo sindacato dei detenuti”.

Ormai settantenne, in carcere ci era tornato il 24 dicembre 2001 quando, dopo anni vissuti a Parigi, era rientrato a Napoli per i problemi di salute di un fratello.La giustizia italiana non aveva dimenticato che contro di lui erano state emesse anni addietro diverse condanne per diffamazione a mezzo stampa, reato per il quale la legge italiana non prevede l’amnistia, a differenza di altri reati più gravi, con inspiegabile discriminazione nei confronti della categoria dei giornalisti.

A parte la facile considerazione che anche a distanza di decenni tanti assassini ed autori di vere efferatezze rimangono impuniti, l’ arresto di Surace è avvenuto in esecuzione di sentenze emesse in assenza, quindi in contumacia, dell’imputato al quale non sono mai state notificate. “O, meglio, la notificazione è avvenuta non presso la mia residenza a Napoli ma presso un domicilio provvisorio che avevo avuto a Milano per un periodo brevissimo, tra una scarcerazione e l’altra. Ne ho avuto conoscenza solo dopo la scadenza dei termini dell’appello”. Secondo le norme della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo, sottoscritta nel 1955 e recepita dalla legge italiana, le sentenze contumaciali passate in giudicato sono nulle e non possono essere eseguite. La Francia, in ossequio alla Convenzione, non dà l’estradizione all’Italia per condanne contumaciali.
Dice Surace: “ Una condanna emessa nei confronti di un imputato assente (contumace, irreperibile o addirittura latitante) non può essere dichiarata definitiva. Se poi l’imputato si presenta o è catturato, il processo viene riaperto in sua presenza. In Italia il condannato viene a trovarsi a dover fare anni di galera definitivi senza aver mai visto il tribunale che ha emesso il verdetto.Cosa che non succedeva neppure nel selvaggio Far West, all’epoca di Buffalo Bill, di Toro Seduto e dei ladri di cavalli”.

Così, proprio quando nel nostro Paese rischiamo di veder approvato il disegno di legge Cirami, che, se sarà legge, renderà vano il lavoro dei giudici, assistiamo al j’accuse di Surace contro la procura di Milano, in un testo pubblicato dall’Agence Européenne Presse Abc Flash-Paris. Quella procura avrebbe emesso a suo carico un ordine di carcerazione per 2 anni 6 mesi e 12 giorni (definitivi) facendolo figurare agli occhi dell’opinione pubblica e della stampa come spaccio di droga (art. 37 DPR. 309/90) benché per tale reato non solo non avesse mai ricevuto condanne, ma non fosse mai stato accusato. Il giornalista napoletano dice ancora: “ Accuso anche quella procura di aver violato, incarcerandomi, la legge Gozzini-Simeone, che imponeva comunque la sospensione immediata della pena poiché inferiore ai tre anni, facendo risultare come titolo di detenzione il reato di spaccio di droga, che escludeva quella sospensione (imposta invece per la diffamazione a mezzo stampa)”.
Dopo 5 mesi di carcere Surace, con l’aiuto della figlia Marina, giornalista accreditata presso il governo francese, ha potuto trasmettere ai media e alle maggiori autorità nazionali un dossier rivelatore. 

Franco Corbelli, presidente del Movimento Diritti Civili, il 26 maggio ha presentato domanda di grazia al Presidente della Repubblica. Lo stesso ha fatto la figlia Marina. Ma Surace, a cui nel mese di agosto erano stati concessi gli arresti domiciliari, la grazia non la vuole:”Significherebbe ammettere la propria colpevolezza.Una delle querele per le quali sono stato accusato era stata presentata da un colonnello dei carabinieri. In seguito al mio articolo fu aperta un’inchiesta a suo carico e quel colonnello fu condannato. Dov’era la diffamazione?”. Oggi, dalla Francia, dichiara che non smetterà di lottare contro l’ingiustizia e contro “certa” magistratura italiana.

da 

http://www.flipnews.org/Archivio/giornale%2036/surace.htm

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Caso Lino Jannuzzi 

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2004/07_Luglio/19/iannuzzi.shtml

er una sintesi della vicenda conclusasi con la grazia vedi

http://it.wikipedia.org/wiki/Lino_Jannuzzi

 
Ordinanza 419/2004
Giudizio
Presidente ONIDA
  Relatore NEPPI MODONA
Udienza Pubblica del 30/11/2004
  Decisione del 13/12/2004
Deposito del 23/12/2004
  Pubblicazione in G. U.

Ordinanze di rimessione
333/2003  
Massime:

ORDINANZA N.419


ANNO 2004



REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE COSTITUZIONALE


composta dai signori:


- Valerio         ONIDA             Presidente


- Carlo           MEZZANOTTE        Giudice


- Guido           NEPPI MODONA      "


- Piero Alberto   CAPOTOSTI         "


- Annibale        MARINI            "


- Franco          BILE              "


- Giovanni Maria  FLICK             "


- Francesco       AMIRANTE          "


- Ugo             DE SIERVO         "


- Romano          VACCARELLA        "


- Paolo           MADDALENA         "


- Alfio           FINOCCHIARO       "


- Alfonso         QUARANTA          "


- Franco          GALLO             "

ha pronunciato la seguente


ORDINANZA


nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 595, primo, secondo e terzo comma, del codice penale e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Roma con ordinanza del 21 febbraio 2003, iscritta al n. 333 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 2003.


    Visto l'atto di costituzione della parte civile nel procedimento a quo;


    udito nell'udienza pubblica del 30 novembre 2004 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.


    Ritenuto che il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, e «in relazione all'art. 68, primo comma», della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 595, primo, secondo e terzo comma, del codice penale, e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa);


    che il giudice a quo premette che procede a carico dell'onorevole N. V. per il reato di diffamazione, commesso ai danni del senatore E. C. mediante la pubblicazione di un articolo sul quotidiano l'«Unità» del 2 marzo 2003, e che il querelante aveva escluso che nel caso di specie potesse trovare applicazione l'art. 68, primo comma, Cost., in quanto le dichiarazioni erano state rese al di fuori dell'esercizio delle funzioni parlamentari;


    che il rimettente – rilevato che la libertà di manifestare il proprio pensiero è considerata un diritto fondamentale in tutte le Costituzioni moderne, a partire dalla Dichiarazione di indipendenza americana - ritiene che, in riferimento a tale libertà, l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge sia 'compromessa' dalla insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare, «il cui fine è di permettere ai parlamentari di agire e dire in piena libertà e indipendenza nella loro funzione politica al riparo da pressioni esterne»;


    che, «di fatto», la disciplina della insindacabilità discriminerebbe «cittadini che esprimono le loro idee, soggetti a incriminazione in caso di diffamazione, e cittadini parlamentari, i quali, invece, possono impunemente 'diffamare' in nome della funzione politica svolta»;


    che ad avviso del giudice a quo le norme che sanzionano la condotta del non parlamentare che 'stigmatizza' «in maniera virulenta chi agisca in chiave politica» violano il principio di eguaglianza proprio in relazione alla possibilità di ogni cittadino di esercitare il diritto inviolabile di esprimere il proprio pensiero e di sottoporre a critica chi amministra la cosa pubblica;


    che in particolare, «poiché di fatto l'art. 68 della Costituzione crea disuguaglianza tra i cittadini quanto alla libera espressione del pensiero, la sua permanenza, alla luce degli articoli 2 e 21 Cost., non può non risolversi in un'incostituzionalità della normativa penale sulla diffamazione a mezzo stampa», anche a causa della disparità di trattamento tra privati e soggetti pubblici con prerogative parlamentari, che possono «esprimersi, criticare, attaccare l'altrui reputazione senza incorrere nella legge penale», in contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost.;


    che si è costituita in giudizio la parte civile nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;


    che secondo la parte privata, poiché le dichiarazioni asseritamente diffamatorie «nulla avevano a che fare con le funzioni parlamentari [...], risolvendosi in un'invettiva personale e gratuita», la questione sarebbe irrilevante, posto che nel caso in esame non trova applicazione l'art. 68 Cost.;


    che, nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, atteso che l'«incontestabile discriminazione» tra cittadini e parlamentari denunciata dal giudice a quo discenderebbe non dall'art. 595 cod. pen., bensì dallo stesso art. 68 Cost., «norma di pari rango rispetto a quelle che sanciscono, da un lato, la eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e, dall'altro, la libertà di espressione del pensiero»;


    che all'udienza pubblica del 30 novembre 2004 nessuno è comparso per la parte privata costituita.


    Considerato che il Tribunale di Roma dubita, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, e «in relazione all'art. 68, primo comma», della Costituzione, della legittimità costituzionale degli articoli 595, primo, secondo e terzo comma, del codice penale, e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), in quanto le norme censurate, sanzionando penalmente la condotta del non parlamentare che manifesta il proprio pensiero mediante critiche di natura politica, discriminerebbero il comune 'cittadino' rispetto al parlamentare;


    che il rimettente, nel ritenere violato il diritto alla critica politica del 'cittadino' non parlamentare, indica quale tertium comparationis l'art. 68, primo comma, Cost., che disciplina l'insindacabilità delle opinioni espresse dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni;


    che – a prescindere dal rilievo che, secondo l'impostazione riservata dal rimettente alla questione, il trattamento discriminatorio in danno del non parlamentare troverebbe la sua fonte nella stessa norma di rango costituzionale - l'art. 68, primo comma, Cost. riconduce l'insindacabilità non, come sembrerebbe ritenere il giudice a quo, al mero esercizio del diritto alla critica politica, bensì alla tutela dell'autonomia delle funzioni parlamentari, quale area di libertà politica delle Assemblee rappresentative (tra molte, da ultimo, v. sentenze numeri 120, 246, 298 e 347 del 2004);


    che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata.



per questi motivi


LA CORTE COSTITUZIONALE


    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 595, primo, secondo e terzo comma, del codice penale, e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza in epigrafe.


    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2004.


    F.to:


    Valerio ONIDA, Presidente


    Guido NEPPI MODONA, Redattore


    Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere


    Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2004.


    Il Direttore della Cancelleria


    F.to: DI PAOLA

http://autonomiasolidarieta.it/news.php?cod=1065&PHPSESSID=effc0fbc61d7ab9f4f866d69b48c3a9c

 

Mercoledì 17dicembre 2007, ore 15
il giudice scrittore Gennaro Francione parteciperà alla trasmissione
VIA GROENLANDIA 41
su ROMA UNO TV
http://www.romauno.tv/index.asp

Terrestre CH 31 su Roma

Satellite Hot Bird 13° EST. Freq. 11.137 SR 27,5 P. ORIZZONTALE


Parlerà di LA STAMPA: IL DIAVOLO E L'ACQUA SANTA


ANTIARTE 2000: LA RIVOLUZIONE DELL'ESTETICA NEL CYBERSPAZIO: http://www.antiarte.it

UNIONE EUROPEA GIUDICI SCRITTORI(EUGIUS): LA NUOVA 
UNIONE DEI GIUDICI UMANISTI D'EUROPA: 
http://www.antiarte.it/eugius
http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=5548

http://www.nabble.com/Fwd:-FRANCIONE-PARLA-DEL-QUARTO-POTERE-A-ROMA-UNO-TV-IL-17-GENNAIO-t3015300.html

 

DIFFAMAZIONE. VERSO LA DEPENALIZZAZIONE DELLA DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA?

CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA

Centro Studi

Commissione di Diritto Penale

Convegno

LA DIFFAMAZIONE

Mercoledì 31 gennaio 2007 - ore 16.00

Aula Avvocati – Palazzo di Giustizia – Piazza Cavour - Roma

Indirizzo di saluto

Avv. Alessandro Cassiani

(Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma)

Introducono e coordinano i lavori

Avv. Rosa Ierardi

(Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma)

(Coordinatore della Commissione di Diritto Penale)

Cons. Dott. Stefano Pesci

(Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma)

Intervengono

Cons. Dott. Antonio Bevere

(Magistrato presso il Tribunale di Roma)

- Diritto di critica e diritto di satira -

Avv. Gian Piero Biancolella

(Avvocato del Foro di Milano)

- Diritto di informazione e riservatezza – Diffamazione a mezzo stampa e violazione della privacy -

Cons. Dott. Giuseppe Corasaniti

(Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma)

- Codici deontologici e diffamazione -

Avv. Giovanna Corrias

(Avvocato del Foro di Roma)

- Le nuove forme di diffamazione - Rapporti tra diffamazione e trattamento dei dati personali -

* * *

Interverrà il

Cons. Dott. Gennaro Francione,

(Magistrato presso il Tribunale di Roma)

con il programmato

intervento sulla depenalizzazione della diffamazione a mezzo stampa.

L'ufficio dei referenti distrettuali per la Formazione decentrata

della Corte di Appello di Roma assicura il proprio sostegno all'

iniziativa.

Sono stati invitati a pertecipare giornalisti,

rappresentanti delle maggiori Testate nazionali.

* * *

Il Consigliere Segretario - Antonio Conte

Il Presidente - Alessandro Cassiani

ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA

http://www.ordineavvocati.roma.it/NotizieOrdine/Eventi/Eventi.asp?D=31/01/2007#

UNIONE EUROPEA GIUDICI SCRITTORI(EUGIUS): LA NUOVA

UNIONE DEI GIUDICI UMANISTI D'EUROPA:

http://www.antiarte.it/eugius

http://www.comunicati.net/comunicati/arte/teatro/34219.html

http://www.altalex.com/index.php?idstr=19&idnot=35877

http://www.jei.it/infogiuridica/notizia.php?ID_articoli=538

http://www.ordineavvocati.roma.it/NotizieOrdine/Eventi/SchedaEvento.asp?ID=327

http://www.macchianera.it/Files/html/eventi.html

http://www.personaedanno.it/site/sez_news.php?browse_id=5739

 

http://www.coe.int/t/i/comunicazione_e_ricerca/stampa/comunicati_stampa/060502CSsglibstampa.asp

02.05.2006 – Giornata mondiale della libertà di stampa 2006: il Segretario Generale raccomanda la depenalizzazione della diffamazione

Strasburgo, 02.05.2006 – “Nessuno può cancellare definitivamente la verità, ma ci sono persone che non smettono mai di provarci e a pagarne le spese sono i giornalisti”, ha dichiarato Terry Davis in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa 2006.

“Le restrizioni della libertà di espressione sono molto frequenti, spesso violente e talvolta mortali. Nel 2005, nel mondo, più di 150 giornalisti sono morti durante l’esercizio della loro professione, di cui più della metà vittime di assassinii. Centinaia, migliaia di giornalisti sono stati privati della loro libertà, perché rapiti o imprigionati e non disponiamo di statistiche attendibili per quanto concerne coloro i quali sono stati minacciati o perseguitati”.

 “Di norma, i giornalisti dei 46 Stati membri del Consiglio d’Europa non sono più vittime di torture o omicidi, ma ciò non implica che siano liberi di esercitare il loro mestiere. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che chiede alle autorità pubbliche di non intralciare la libertà di espressione, è spesso ignorata. Alcuni giornalisti sono talvolta messi a tacere attraverso intimidazioni, altri, probabilmente, si lasciano comprare, ma il risultato è lo stesso poiché la democrazia non può funzionare correttamente senza mezzi di comunicazione liberi da qualsiasi ingerenza e controllo da parte dei governi”.

 “La minaccia di azione giudiziaria per diffamazione costituisce una forma particolarmente insidiosa di intimidazione. Sono, infatti, ancora previste pene per diffamazione in più di due terzi degli Stati membri del Consiglio d’Europa e, spesso, queste leggi sono utilizzate per soffocare le critiche. Pertanto, mi rivolgo a tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa affinché modifichino la legislazione corrispondente, aboliscano le disposizioni penali ad essa correlate e impediscano che i giornalisti siano condannati a pagare risarcimenti sproporzionati nell’ambito dei procedimenti civili loro intentati. L’unico modo credibile per ricordare la Giornata mondiale della libertà di stampa è migliorare la tutela dei giornalisti”.

 

Diffamazione: ora le regole

19/01/2007 08:00

 

Regole europee comuni in materia di diffamazione a mezzo stampa. Dopo quattro anni l’Europa ne discute ancora.

Il Parlamento europeo ha invocato una soluzione per il tema della diffamazione a mezzo stampa sul quale gli stati membri non sono ancora riusciti a mettersi d’accordo dopo 4 anni di discussioni. Per i deputati europei la base legale del procedimento di diffamazione dovrebbe essere quella del paese nel quale viene diffusa la pubblicazione o, in seconda analisi, del paese dove viene esercitato il controllo editoriale sulla testata. In prima lettura, l’anno scorso, i ministri della Giustizia Ue avevano stralciato dal testo il capitolo riguardante “i danni recati alla vita privata e ai diritti della persona” dopo aver fallito nella ricerca di un accordo. Ora il procedimento prevede la conciliazione con gli stati membri come per i risarcimenti per violazioni di “obblighi non contrattuali” come stabilisce il progetto ‘Roma II’. In pratica materia civile invece che penale.

 

http://www.europarl.europa.eu/news/expert/infopress_page/008-1942-015-01-03-901-20070112IPR01917-15-01-2007-2007-false/default_it.htm

 

Rome II: MEPs reintroduce rules on defamation
Istituzioni - 18-01-2007 - 13:41
The Parliament approved its recommendation for second reading for the Regulation on the law applicable to non-contractual obligations, known as Rome II. MEPs approved a number of amendments that reintroduce the provisions related to violations of privacy, including defamation, previously deleted in the Council's Common Position.

The so-called "Rome II" Regulation aims to facilitate litigations between citizens from different European countries on matters such as traffic accidents, accidents caused by defective products and violation of the environment. As a general rule, the law applicable to a non-contractual obligation arising out of a tort is the law of the country in which the damage occurs, irrespective of the country in which the event giving rise to the damage took place. Road traffic accidents represent the majority of cross-border disputes involving EU citizens.
 
By approving the report by Diana WALLIS (ALDE, UK), MEPs decided that in case of personal injury, for instance caused by a car accident, the court should apply the law of the victim's country when evaluating the scale of the damage. Moreover, the approved amendments say that the court should also apply the principle of 'restitutio in integrum' and therefore include the actual cost of medical after-care in its evaluation. This provision takes into account the fact that citizens are not aware of other countries' legislation. According to Mrs Wallis, in fact, this rule aims "to put the people back in the position they were before the accident."
 
At first reading, MEPs had approved a compromise amendment that regulated the violation of privacy by a printed or audiovisual media. The Council decided to delete this provision from its Common Position. In the vote in plenary, MEPs decided to reintroduce the same rules, as adopted at the first reading. According to the approved text, the law applicable, in case of defamation by media, should be the one of the country to which the publication or broadcasting service is principally directed or, if this is not apparent, the country in which editorial control is exercised.
 
Finally, MEPs approved a general review clause asking the Commission to present a report on the application of the Regulation four years after the entry into force. Non-contractual obligations arising out of family relationships, matrimonial property regimes and succession are excluded from the Regulation's scope.
 
Conciliation probable
 
Three years and a half after the beginning of the legislative procedure, disagreements between the Council and the Parliament still persist on few but relevant issues. Particularly, Member States do not want the rules on defamation to be included in the Regulation's scope. Therefore, the text is likely to pass through the conciliation procedure, where Member States and MEPs, equally represented, will have to debate further to find a compromise and approve the Regulation. According to Commission Vice-President Franco Frattini, who spoke before the vote, with regards to the approved rules on defamation, "there is no way they will get through" in the Council.

Parlamento europeo - Attualità - Servizio Stampa - Info - Rome II MEPs reintroduce rules on defamation
Federico DE GIROLAMO
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sF: la libertà di stampa peggiora anche in Occidente

                                                            

Rapporto sulla libertà di stampa 2006
Secondo il rapporto annuale di Reporters sans Frontieres, nel 2006 la libertà di stampa si è ridotta in tutto il mondo anche nelle democrazie occidentali. Tra le poche eccezioni l'Italia, che ha guadagnato due posti, passando dal 42° al 40°. Retrocessione improvvisa invece di Stati Uniti, Giappone e Francia.

Negli Stati Uniti - che hanno perso 9 posti in un anno - i rapporti tra la stampa e l'amministrazione del presidente George W. Bush sono notevolmente peggiorati da quando, invocando la sicurezza nazionale, l'amministrazione Bush considera sospetto qualsiasi giornalista che rimetta in causa la "guerra contro il terrorismo". "La giustizia federale che non riconosce il principio della protezione del segreto delle fonti, ha minacciato, a più riprese, anche i giornalisti che non si occupano direttamente di terrorismo"- afferma il Rapporto che cita l'esempio del giornalista e blogger indipendente Josh Wolf che è stato incarcerato per aver rifiutato di consegnare i suoi archivi-video. Inoltre, la detenzione senza accusa, dal 13 giugno 2002, del cameraman sudanese di Al-Jazira, Sami Al-Haj, nella base militare di Guantanamo, e quella del fotografo dell'Associated Press, Bilal Hussein, in Iraq, dallo scorso 12 aprile, aggravano ulteriormente il bilancio per il 2006.

La Francia (35°) perde cinque posti dall'anno scorso e 24 posti in cinque anni. Le sempre più numerose perquisizioni nelle redazioni e il numero crescente di giornalisti messi sotto inchiesta preoccupa sempre più le organizzazioni professionali della categoria e i sindacati. L'autunno 2005 è stato particolarmente difficile per i giornalisti francesi. Numerosi reporter sono stati aggrediti o minacciati durante il conflitto sindacale sorto dopo la privatizzazione della SNCM (Société Nationale Maritime Corse Méditerranée), in Corsica, e durante i violenti scontri nelle periferie francesi, nel novembre 2005.

Il sistema restrittivo dei club di stampa (kisha club) e l'onda montante del nazionalismo minacciano alcuni pilastri della democrazia e hanno fatto perdere 14 posti al Giappone che si trova quest'anno al 51esimo posto. La redazione del giornale Nihon Keizai è stata oggetto di un attentato e numerosi giornalisti sono stati aggrediti da militanti di estrema destra (uyoku).

E la Danimarca (19°) ha perso il primo posto dell'anno scorso a causa delle gravi minacce rivolte dagli estremisti contro gli autori delle caricature, nell'autunno 2005. Per la prima volta nel corso degli ultimi anni, in questo paese solitamente molto rispettoso delle libertà fondamentali, vari giornalisti sono stati costretti a mettersi sotto la protezione dalla polizia. Anche quest'anno però, le nazioni dell'Europa del Nord occupano i primi posti della classifica. Nessun caso di censura e, ovviamente, nessuna intimidazione, minaccia, aggressione fisica contro giornalisti sono stati riscontrati in Finlandia, Irlanda, Islanda e nei Paesi Bassi, primi ex-aequo di questa classifica.

La «maglia nera» spetta, invece senza sorprese, alla Corea del Nord al 168° e ultimo posto. Assai vicini, dal 167° al 163° seguono Turkmenistan, Eritrea, Cuba, Myanmar, ovvero Birmania, e Cina. Qui i giornalisti rischiano, al di fuori di ogni metafora, la vita o la prigione. La Russia nell'anno dell'assassinio della reporter Anna Politkovskaya è scesa al 147° posto, con una perdita di 9 posizioni rispetto al rapporto precedente. Secondo Rsf Mosca, ''che soffre di una mancanza basilare di democrazia, continua lentamente ma progressivamente a smantellare i media liberi, con i gruppi industriali vicini al presidente Vladimir Putin che rastrellano quasi tutte le testate indipendenti''.

Alcuni paesi dell'emisfero Sud hanno guadagnato dei posti negli ultimi cinque anni e ottengono posizioni migliori di quelle di alcune nazioni europee e degli Stati Uniti. "Questa buona notizia sottolinea nuovamente che, nonostante il grave livello di povertà che caratterizza questi paesi, i loro dirigenti sanno rispettare scrupolosamente la libertà di stampa" - notano i curatori di Rsf.

La Bolivia (16°) è il primo Stato dell'emisfero Sud: i giornalisti boliviani hanno potuto beneficiare, nel corso dell'ultimo anno, di una libertà di espressione paragonabile a quella di cui godono i loro colleghi austriaci o canadesi. La Bosnia-Erzegovina (19°) continua a migliorare dalla fine della guerra in ex-Yugoslavia. Oggi, questo paese si "comporta" meglio di alcune nazioni dell'Unione europea come, per esempio, la Grecia (32°) e l'Italia (40°). Buona posizione anche per il Ghana (34°), al 4° posto per il continente africano, dietro il Benin (23°), la Namibia (26°) e le Isole Mauritius (32°). I giornalisti ghanesi lavorano ancora in condizioni economiche precarie ma non subiscono più minacce da parte delle autorità. Infine, Panama (39°) trae beneficio da un contesto politico stabile e sereno, propizio allo sviluppo di una stampa libera e dinamica: il paese ha guadagnato circa 30 posti dall'anno scorso.

Lo Yemen (149°) invece ha perso 13 posti, a causa in particolare dell'arresto di numerosi giornalisti e per la chiusura dei media che hanno pubblicato le caricature danesi. Altri professionisti dell'informazione sono stati messi sotto inchiesta per lo stesso motivo in Algeria (126°), Giordania (109°), Indonesia (103°) e in India (105°). Invece, ad eccezione dello Yemen e dell'Arabia Saudita (161°), tutti gli Stati della penisola arabica sono notevolmente migliorati. Il Kuwait (73°) conserva il suo posto di leader del mondo arabo in materia di libertà di espressione, davanti agli Emirati Arabi Uniti (77°) e il Qatar (80°).

Il Libano è passato dal 56esimo al 107esimo posto in cinque anni: vittima nel 2005 di una serie di attentati e, nel 2006, degli attacchi israeliani, la stampa libanese continua a subire le conseguenze della grave situazione politica regionale. I media libanesi - i più liberi e navigati del mondo arabo - hanno sempre più bisogno di un contesto pacificato e di vere garanzie di sicurezza. L'incapacità dei dirigenti dell'Autorità palestinese (134°) di mantenere la stabilità nei Territori e la politica di Israele (135°) nella regione minacciano profondamente l'esercizio della libertà di espressione in Medio Oriente. La situazione rimane più o meno la stessa nello Sri Lanka: dopo la 51esima posizione del 2002, in tempi di pace, il paese si ritrova quest'anno al 141esimo posto. I combattimenti tra le forze armate e i ribelli tamil sono di nuovo intensi, i giornalisti sono costretti ad auto-censurarsi e molti di loro subiscono gravi violenze dopo essere stati accusati da uno dei belligeranti di appoggiare il campo avverso.

La situazione della libertà di stampa in Nepal (159°) si è progressivamente modificata in funzione dell'evoluzione del conflitto che fragilizza da anni il paese. La "rivoluzione democratica" e la caduta del re, nello scorso aprile, si sono tradotte in un immediato miglioramento delle libertà fondamentali nel paese. Il Nepal, se continuerà a migliorare con lo stesso ritmo di oggi, potrebbe beneficiare di un ulteriore avanzamento nella prossima classifica di RSF.

Per stabilire questo indice, Reporters sans frontières ha chiesto alle sue organizzazioni partner (14 associazioni per la difesa della libertà di espressione presenti nei cinque continenti), alla sua rete di 130 corrispondenti, a giornalisti, ricercatori, giuristi e militanti dei diritti dell'uomo di rispondere a 50 domande sull'insieme delleviolazioni alla libertà di stampa e poter così valutare la situazione in ogni paese. 168 nazioni sono state analizzate e fanno parte di questa classifica. I paesi assenti dall'indice lo sono a causa della mancanza di informazioni affidabili e verificate. [GB]

Homepage Attualità Notizie - RsF la libertà di stampa peggiora anche in Occidente

http://unimondo.oneworld.net/article/view/142450/1/