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Sme, la Procura si rivolgerà alla Consulta

Per i pm la legge che sospende i giudizi è incostituzionale. Prosegue l’inchiesta Mediaset

 
MILANO - Per farlo, lo farà: ma più come testimonianza che come orizzonte processuale. La Procura di Milano chiederà al Tribunale del processo Sme, che da 39 mesi sta giudicando per l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, di sollevare davanti alla Corte Costituzionale una questione di illegittimità della legge di sospensione dei processi delle cariche istituzionali approvata ieri sera dal Parlamento. Se sarà controfirmata dal capo dello Stato e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in pochi giorni, la legge entrerà in vigore già il giorno dopo (una norma apposita fa eccezione rispetto alla consueta «finestra» di 15 giorni): e dunque la questione potrebbe essere posta (anche dalla parte civile Cir) già nell’udienza del 25 giugno.
Se il Tribunale la valuterà non manifestamente infondata e rilevante, trasmetterà gli atti alla Consulta, sospendendo nel frattempo il processo.
Legge applicata o legge impugnata, dunque, l’effetto pratico (almeno per molti mesi) sarà lo stesso, visto che i tempi della Corte Costituzionale sono notoriamente non brevi. La Consulta, del resto, dal 12 febbraio deve ancora decidere sulla costituzionalità di un’altra nuova legge approvata dalla maggioranza del premier e di cui egli ha beneficiato a Milano nel processo All Iberian.
Per ora, invece, continuerà l’inchiesta in corso sui diritti tv Mediaset, nella quale Berlusconi è indagato per frode fiscale e falso in bilancio: lo «scudo» della legge sembrerebbe scattare (l’incertezza deriva dall’inciso «in ogni fase, stato e grado», dove «fase» è termine inusuale) solo con il rinvio a giudizio, cioè valere per i processi e non per le indagini preliminari.
Nel processo Sme, alla base dell’asserita incostituzionalità sarà richiamato l'articolo 3 della Carta, che non soltanto stabilisce che «tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge», ma precisa anche che lo sono «senza distinzione di condizioni personali e sociali», quali ad esempio il rivestire appunto una delle cariche istituzionali per le quali la nuova legge sospende i processi.
Poi c’è lo strumento adottato: non una legge costituzionale (che avrebbe richiesto doppia lettura alla Camera e Senato e dunque alcuni mesi di iter), ma una legge ordinaria come quella approvata in 21 giorni.
Quindi c’è il principio costituzionale della «ragionevole durata» del processo, ora che lo «scudo» della nuova legge non esclude rinnovi a catena delle cariche istituzionali.
Infine c’è un aspetto che, a rigore, dovrebbe stare a cuore, più che all’accusa, alla difesa di cariche istituzionali con processi in corso: come conciliare lo stop ai processi con l’esistenza di testimoni fondamentali che tra qualche anno potrebbero non esserci più, o con l’espletamento di atti che a distanza di tempo non sarebbero più ripetibili? Il rimedio normale sarebbe il cosiddetto «incidente probatorio», cioè una sorta di cristallizzazione di un pezzo di processo anticipato. Ma la nuova legge non lo contempla, finendo così per menomare le chance difensive proprio di quelle cariche istituzionali che vuole tutelare.
lferrarella@corriere.it
 
      Luigi Ferrarella
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