La Repubblica di Platone
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LA REPUBBLICA DI PLATONE.

Rappresenta una delle prime forme di stato utopico visto come modello del tutto teorico e privo di connotazioni pratiche rivoluzionarie a di là di generici moniti moralistici ai governanti dell'epoca di tener conto della forza coesiva dei saggi-filosofi.

Il contenuto del dialogo contenuto ne La Repubblica è politico. Platone prende posizione tanto contro la teoria protagorea, che ammette la possibilità di un ordinamento democratico fondato sul possesso della virtù politica da parte di ogni cittadino, quanto contro la teoria gorgiana, che nega invece tale possibilità, sostenendo che il potere tocca al più forte.

Il discorso platonico si regge sul presupposto dell'indissolubilità di virtù e vita politica, ma poiché il problema della virtù è, socraticamente, legato a quello del sapere, ne deriva un'ulteriore eguaglianza tra sapere e vita politica.

Il problema della scienza (il sapere), il problema etico (la virtù), il problema politico (l'ordinamento di una comunità) s'intrecciano così strettamente, facendo della Repubblica a un tempo un trattato di scienza politica, di morale e di educazione (la preparazione del cittadino alla vita in tale comunità).

Platone traccia le linee di uno Stato ideale, tale da garantire la realizzazione della giustizia: all'inizio Socrate apre la discussione sulla definizione della giustizia e confuta successivamente le posizioni degli aristocratici Cefalo e Polemarco e del sofista Trasimaco; passa poi a proporre il problema della giustizia a livello dello Stato: non si può infatti essere perfettamente uomini, né perfettamente giusti in uno Stato ingiusto; una città nasce dai bisogni dell'uomo (il vitto, la casa, gli abiti), per i quali egli non può fare a meno degli altri. Quella "città non potrà mai altrimenti essere felice se non ne tracceranno il disegno quei pittori che dispongono del divino esemplare".

Dalla moltiplicazione dei bisogni nasce poi la differenziazione dei ruoli, secondo le attitudini di ciascuno.

Si ha così una classe di commercianti e artigiani, con il compito di provvedere ai bisogni materiali; di guardiani, preposti alla difesa dello Stato; di reggitori, cui spetta il compito di governare la città145.

Posta la necessità dell'educazione dei cittadini, Platone analizza le virtù specifiche di ciascuna classe: propria dei reggitori è la sapienza, dei guardiani il coraggio, di tutte e tre le classi la temperanza.

La giustizia consente a tutti di "esplicare i propri compiti", creando un'armoniosa vita comunitaria. Seguono poi due temi di grande interesse: l'identità di educazione e di compiti fra uomini e donne.

La differenza dei sessi non implica infatti disparità di attitudini alle diverse funzioni nello Stato, che sono così ugualmente distribuite fra uomini e donne, proprio in quanto hanno ricevuto la medesima educazione. Esiste la comunità delle donne e dei figli allo scopo di garantire un'effettiva parità di tutti i componenti dello Stato, che devono avere accesso alle varie cariche indipendentemente da ragioni di casta o di ricchezza, ma esclusivamente in base alle loro attitudini.

Governanti di questa società ideale devono essere i filosofi, perché solo essi sono in grado di "contemplare la verità" e quindi di provvedere al bene di tutti146.

Nell'ultima opera di Platone Le Leggi con tono solenne e meditativo, il filosofo, consapevole della "debolezza della natura umana", si dichiara favorevole alla creazione di leggi e sanzioni penali che garantiscano l'ordine in uno Stato giusto.

La legge tuttavia non deve avere solo uno scopo punitivo, ma deve svolgere una funzione educativa, trasformandosi in un discorso che persuada della giustizia e ragionevolezza della legge.

La stessa punizione non deve essere una vendetta degli individui o dello Stato, ma deve avere come scopo la correzione del colpevole. Lo scopo generale delle leggi si riassume pertanto nell'educazione dei cittadini alla virtù che ancora socraticamente Platone identifica con la felicità.

L'elemento nuovo nelle Leggi, rispetto alla Repubblica, è che l'educazione del cittadino, compito primario dello Stato, è fondata su alcuni principi religiosi.

 

 
   

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