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"Domineddracula. Storia e leggenda ben dosate. Personaggi evocativi. E' concreto e  immaginifico. Complimenti al giudice scrittore!"(Paola Menaglia)  
http://www.ziua.ro/archive/2003/07/21/docs/20446.html

Invitatie la lectura in Roma

Vila Borghese, de pe Bulevardul Magnoliilor din Roma, gazduieste, zi de zi, pe Viale delle Magnolie, un bulevard de vreo cateva sute de metri strajuit de imensi arbori magnolie, ce ii dau numele, si cu o vechime de 400 de ani, un amplu program cultural intitulat "Invito alla lettura" - "Invitatie la lectura", care a demarat la jumatatea lunii iunie si se intinde pana la sfarsitul lui august, relateaza Rador. Programul cuprinde sectiuni de muzica, literatura, arta plastica, cinema, teatru, cu doua adrese speciale pentru copii, zilnic, intre orele 8 si 17, pentru adulti, tot zilnic, intre orele 19 si miezul noptii. Muzicii ii este consacrata o estrada unde apar diverse formatii, de la prestigioase cvartete camerale la celebre formatii moderne de toate genurile, cu muzica italiana, europeana si sud-americana. Artele plastice au si ele locul lor de expunere, dar au loc si conferinte ale criticilor si istoricilor renumiti. Sectiunea cinema cuprinde prezentarea in aer liber a unor filme vechi, de arhiva, dar si productii ale acestor ultimi ani, precum si intalniri cu actori, regizori, operatori. Teatrul se manifesta prin recitaluri din piese valoroase, precum si prin opere integrale apartinand teatrului scurt. Literatura este reprezentata de scriitori aflati in conducerea Uniunii Nationale a Scriitorilor si Artistilor - Luciana Gravina, Ana Marcond, Maria Racciopi, Maria Rosa Santiloni, Massimo Nardi, Natalia Antonio Rossi si Stanislao Nievo. Poezia si nu numai ea este consacrata celor doua mari teme ale acestui an: pacea si apa. Anul 2003 a fost declarat de catre ONU "Anul apei dulci", adica al apei potabile, fara de care viata nu poate exista. Intre altele, au fost lansate si doua romane de succes: "Io ti aspetto ricordalo" - "Eu te astept sa-mi aduc aminte de tine!" de Diego Giordano si "Domine Dracula" - "Viata, faptele, moartea si invierea lui Vlad Tepes" de Gennaro Francione. (L.I.)

 

 
http://www.flipnews.org/italia/editoria/articoli/dominedracula.htm

http://www.tanitproject.altervista.org/articoli/tanit_dominedracula.htm





D o m i n e d d r a c u l a

Vita, gesta, morte e resurrezione di Vlad Tepes l'Impalatore

Gennaro Francione



di Anna Maria Baiamonte



Abraham Stoker, meglio conosciuto come ‘Bram’ [1847-1912], ne ha fatto un personaggio fantastico, perfettamente in linea con il gusto romantico della letteratura dell’epoca; un essere immortale che si nutre dell’altrui sangue, capace di trasformarsi in lupo o pipistrello, scomparire e apparire nella nebbia, che non si riflette negli specchi e il cui corpo non produce alcuna ombra, che domina con un potere ipnotico le sue vittime suscettibili, a loro volta, di diventare come lui; d’altro canto, rifugge la luce del sole, per lui letale [anche se questo particolare sembra essere posteriore al testo di Stoker, in cui il personaggio si muove liberamente alla luce del giorno], e i simboli sacri; l’unico modo per ucciderlo, un paletto di legno di frassino conficcato nel cuore o la decapitazione. È Dracula, il Vampiro, entrato prepotentemente nell’immaginario favoloso e terrorifico di tutti soprattutto dopo l’omonimo romanzo [pubblicato il 26 maggio 1897] dello scrittore irlandese che, dal canto suo, fece leva su tutta una serie di leggende e credenze europee e si avvalse di una fertile letteratura sull’argomento, soprattutto inglese e tedesca, di almeno due secoli. La trasposizione teatrale prima – al Wimbledon Theatre di Londra nel 1925, con regia di Hamilton Deans, e al Little Theatre nel 1927 – e cinematografica poi – il celeberrimo Dracula interpretato da Bela Lugosi, pseudonimo di Béla Blasko - ha definitivamente sancito la figura del Vampiro quale protagonista indiscusso del genere horror-fantasy, con un susseguirsi quasi interminabile, fino ai giorni nostri, di pellicole, racconti, giochi di ruolo. Dove lui, quasi sempre bello e fascinoso, riassume in sé il binomio estetico per eccellenza di amore e morte, sensualità e feralità. Una precisazione, però, si rende necessaria, in fattore di estetica: il Dracula tenebroso e incantevole, dallo sguardo magnetico di voluttuosità fatale e ipnotica, sembra essere nato proprio in seguito alla magistrale interpretazione di Bela Lugosi del 1931, diretto da Tod Browning: fu l’attore di origine ungherese, infatti, che conferì al suo personaggio l'aristocraticità malinconica, quel fascino misterioso e mortifero di ‘pure glamour’ cui noi oggi siamo abituati, differenziandolo da una precedente trasposizione cinematografica, altra pietra miliare, ‘Nosferatu, eine Symphonie des Grauens’ del 1922, di Friedrich Wilhelm Murnau: entrambi ispirati al Dracula di Stoker, il Nosferatu interpretato da Max Schreck è decisamente più ‘malaticcio’ e poco piacevole a vedersi, mentre possiamo a ragione affermare che Lugosi ha contribuito in maniera indiscutibile al prestigio incantatore del Vampiro quale si è imposto nel nostro immaginario.
Dalla letteratura, dalla fantasia, risalire alla realtà storica non è così semplice. I critici sono molto scettici, ormai, nel far derivare il Dracula letterario da quel Vlad Dracul, voivoda di Valacchia, nella Transilvania rumena, tetramente noto come Tepes, l’Impalatore, passato alla storia più per la sua ferocia che per l’effettiva potenza del suo regno, invero sfortunato ‘cuscinetto’ tra l’Europa cristiana e l’impero turco. Infatti, Bram Stoker pare non conoscesse affatto, o conoscesse ben poco, le vicende storiche del principe Vlad, ma vi si sarebbe imbattuto attraverso un libello del 1820, in cui si faceva menzione di un ‘Voivoda Dracula’ che combattè contro i Turchi. A far cambiare idea a Stoker, che in principio voleva chiamare il suo protagonista ‘Conte Wampyr’, fu proprio una postilla allo scarno testo del 1820, in cui si chiariva, anche se in maniera approssimativa, che Dracula, in dialetto transilvano, voleva dire ‘demonio’. Stoker rimase, così, affascinato da quel principe quattrocentesco dalla triste fama, sebbene le due figure, quella storica e quella letteraria, non hanno nulla in comune e non sono l’una l’antesignana dell’altra. Si tratta di due realtà completamente differenti, distanti più quattro secoli, legate semmai da un comune terreno leggendario e folkloristico che prevede l’esistenza di esseri sovrumani, demoni o spettri, che tormentano l’uomo in vari modi, fra cui il succhiare il sangue per nutrirsene.
E se in Stoker possiamo intravedere qualche sfumata influenza storica, nel libro di Gennaro Francione, DomineDDracula, si procede all’inverso, incanalando lo stereotipo del vampiro quale noi oggi conosciamo nel personaggio realmente esistito. Prende forma, così, in un’attenta analisi storica che spazia dalla sovranità ottomana alle corti europee, dalle tecniche estatiche dei dervisci monaci-guerrieri alle ragioni di stato dei principi cristiani e del Vaticano, Vlad Dracul II di Valacchia, nipote di quel Mircea il Vecchio che riuscì ad arginare la conquista turca dell’Europa orientale, che, alla fine del suo regno lasciò dietro di sé un’eredità di migliaia di uccisioni – si parla addirittura di 100.000. Freddamente calcolatore, convinto di incarnare l’idea assoluta di ‘principe illuminato’, secondo l’abile descrizione psicologica di Francione, pare fosse ossessionato dal rispetto di una moralità incondizionata, senza compromessi, di cui, a farne le spese, furono soprattutto i mercanti, per lui ladri e truffatori per eccellenza, i traditori, i bugiardi, i fedifraghi, gli indolenti, ma anche i semplici mendicanti, le donne che poco si dedicavano alla cura della famiglia, e infine gli stessi innocenti, per un parossismo per cui, malgrado tutto, la completa sottomissione a un reggente deve realizzarsi anche attraverso il nobile sacrificio di chiunque, a mo’ di perenne monito. Non indietreggiò, racconta Francione, neppure davanti alla necessità bellica e strategica di distruggere interi villaggi, raccolti, bestiame, case e persone, per sottrarli all’avanzata turca, operando la tecnica della ‘terra bruciata’ per cui l’esercito invasore si sarebbe trovato di fronte all’impossibilità di mantenersi attraverso razzie e saccheggi. E, sempre, quale filo conduttore della sua storia personale e politica, la materia ematica, il Sangue che vivifica, il cui spargimento è necessario, quasi fosse un tributo a cui non si può sfuggire, per dare un nuovo senso alle cose. Francione non rinuncia, però, all’estetica. Sebbene meno bello di Bela Lugosi, ma fedele all’iconografia classica di uomo non molto alto, dal naso ricurvo, baffi spioventi, pelle diafana, collo taurino e labbro inferiore molto carnoso, il suo Vlad affascina e attrae uomini di potere e donne di ogni sorta, esercitando il suo sanguinario sadismo anche negli incontri sessuali di cui fu, pare, insaziabile; quel sangue che, da bambino, vide scorrere dalle carni materne per mano di un sicario dello stesso padre il quale, per ragioni politiche, dovette disfarsi della moglie per sposare la sorella dei principi di Moldavia con cui era necessario stringere alleanza.
Senza rinunciare alla poesia, che nel seguire tutta la vita del valacco ne tratteggia una personalità complessa, solo apparentemente scevra da ogni sorta di dubbio, Francione si attiene ai fatti storici come ci sono pervenuti, tanto da far risultare il libro un romanzo, sì, ma anche un testo basato su un’ampia documentazione. E, come afferma il Direttore dell’Accademia di Romania in Roma Eugen Uricaru – autore di una breve introduzione –, la forza del libro sta nell’essere lontano da tutta una serie di stereotipi fantastici, a volte grotteschi, con cui si è attuata una mercificazione della figura di Dracula, per restituirgli l’aspetto di un essere umano in carne e ossa, di un uomo del suo tempo, stretto tra i doveri di governante in un momento storico in cui più forte e pressante si fece sentire la partita tra Islam e cristianità, all’interno di uno scacchiere che interessò soprattutto le zone in cui Vlad regnava e che culminò più di un secolo dopo, nel 1571, con la battaglia di Lepanto, che vide la vittoria delle flotte cristiane contro quelle turche e che sancì l’arresto definitivo dell’espansione ottomana.

Un uomo, insomma, preso in un gioco molto più grande di lui.