Galleria delle Armi
Home La tragedia dimenticata I promotori Articoli Biblioteca Teatro Film TV I Martiri I Testimoni Treno 8017 Webprocesso Spoon River 8017 Ballata dell'8017 La stazione Galleria delle Armi Il Tempio della Luce Monumenti e Lapidi Treno della Pace 8017 Friends News Comitato pro Memoria Convegni Contatti

 

   

          METTITI SUL TRENO E GUARDA LA GALLERIA DELLE ARMI

https://www.youtube.com/watch?v=W8ICavO7u9M&feature=player_embedded

                         la galleria delle armi è a 11’ e 34’’ circa

                          (Grazie a Dino Becagli per il suggerimento)

 
la galleria delle armi è a 11’ e 34’’ circa

          

    Imbocco sud della galleria delle Armi
     (Foto Vincenzo Campitiello - iTreni n. 167, 

      

      da   http://treno8017.trenidicarta.it/

     autore Alessandro Tuzza

 

 

 

Prende il nome dai briganti che due secoli fa si rifugiavano sulla montagna.

Per quei magici incroci della vita, che talora riesce a darci segni straordinari traendoli dal nostro inconscio collettivo,  il treno 8017 è andato a spegnersi proprio  nella Galleria delle Armi.

Armi. Il silenzio infinito di quel lungo sudario su rotaie è un monito a tutti gli uomini di buona volontà a spegnere per sempre le bocche da fuoco delle loro armi.  

                    PIANTINA DELLA GALLERIA  

    .       (tratta da     Mario Restaino.  Un treno, un'epoca: storia dell'8017,, p.  26 )         

                   

    SOPRALLUOGO DI MARIO RESTAINO IN  GALLERIA


    Sono andato due volte alla galleria "delle armi", il 3 e il 17 novembre 1993. Ho saputo che qualcuno la chiama la galleria "de lu battaglione", del battaglione, annettendole un significato militare. Ma è un errore, perché Racioppi parla chiaramente del "Monte dell'Arme", qui e in molti altri luoghi, dal greco medioevale armos, rupe, 956 metri". 

      La galleria "delle armi" è la più lunga delle 37 che si attraversano sulla tratta Battipaglia-Potenza: un chilometro, 966 metri, cinque centimetri, secondo quanto risulta da un prospetto che ho ottenuto dalla sede di Potenza della IV unità speciale delle Ferrovie dello Stato. 
    E' la galleria numero 24 a partire da Battipaglia ed è poco più lunga dell'undicesima, denominata "Botte" (1.934 metri e 26 centimetri). Solo altre due superano il chilometro di lunghezza: la quinta, denominata "San Licandro" (1.003 metri e 61 centimetri), e la trentesima, chiamata "Ripabianca" (1.137 metri e 28 centimetri).
   Siamo arrivati alla galleria "delle armi" partendo da un ponte d'acciaio situato subito dopo il primo tunnel che si imbocca una volta lasciata la stazione di Balvano, dove una targa di marmo informa che ci si trova a metri 265,532 sul livello del mare. Dunque, il ponte d'acciaio, una copertura in cemento armato realizzata dopo il terremoto del 1980 e un tratto all'aperto; poi ci aspettano quelli che gli abitanti di Balvano chiamano i "14 finestroni", seguiti da una breve galleria; altro tratto all'aperto e arrivano i "tre finestroni" e un altro breve tunnel, affiancato da una galleria che, nell'opinione popolare, è chiamata "sbagliata". 
   Si racconta che, nel secolo scorso, quando fu realizzata la linea ferroviaria, la galleria fu scavata e abbandonata perché, appunto, non in linea col tracciato. Appena fuori ci si trova su un ponte che scavalca il Platano, che scorre placido ed impetuoso: pescoso, ad ogni modo, mi rassicurano.
Superato il ponte, la galleria "delle armi" e lì. A destra dell'ingresso, uno spiazzo che una volta ospitava un casello. Quella notte del '44 il casello non era abitato già da tempo e questa e un altra circostanza che non ha aiutato i viaggiatori dell'8017. 
   La natura, qui, è stupenda e grandiosa, ma mette i brividi. Riviello ha annotato bene gli sforzi compiuti per costruire la linea ferroviaria. Scrive: "Però a misura che l'opera meravigliosa si avanzava, aumentavano le difficoltà per mobilità di terreno, straripamento di torrenti, caduta di frane, distacco di macigni, pericoli di trafori, e per incostanza e rigidezza di stagione nell'inverno. Ad ogni passo sembrava che più aspra si facesse la lotta tra la scienza dell'uomo e la varia natura del suolo; e quindi si raddoppiava di sforzi e di audacia; i milioni sparivano a vista d'occhio, divorati da piene, da smottamenti, da ponti, da viadotti e da trincee; e moltissimi operai vi lasciavano la vita...". Lo storico potentino più avanti, precisa che "nella linea da Potenza al fiume Sele vi sono 35 gallerie, delle quali 28 da Potenza al confine della Provincia, e la più lunga è quella n. 20 fra Bella-Muro e Balvano di metri 1622,39; 20 ponti in ferro e 33 in muratura; 214 acquedotti; 3 cavalcavia; 1O viadotti e 66 trincee; sicché finisce un traforo, ed ecco che il fischio della macchina ne annunzia un altro; si esce dal buio, e mentre si cerca ansioso un pezzo di cielo tra le strette gole di quelle rocce minacciose e fatte a picco, subito si ritorna al buio ed il fumo del treno tormenta il respiro".

   Eccoci davanti alla galleria...<omissis>In fondo, una flebile luce che pare a destra e sembra l'uscita. Sbagliato: viene dal condotto di aerazione, situato sulla sinistra e raggiungibile in mezzora. La galleria è perfettamente rettilinea, contrariamente a quanto è stato scritto. Finito il rettilineo, i binari piegano a destra e propongono una "esse", percorsa la quale è necessario contare 37 "finestroni": l'uscita, finalmente, con un breve tratto all'aperto e la galleria "della quercia", lunga 629 metri e 25 centimetri. L'8017 non arrivò mai qui, ma non arrivò mai neanche alla fine del rettilineo dove, lasciati i binari, occorre piegarsi e percorrere, a sinistra della massicciata, il condotto di aerazione. Si esce su una rupe e non si vede altro che pareti di roccia fra le quali scorre il fiume. Sull'arco di pietra del condotto dalla parte della rupe, qualcuno ha scritto - con uno spray rosso - "benvenuti". Parola che ti strappa un sorriso.
Fra i 37 "finestroni" e la galleria "della quercia", mi
fanno notare come una cicatrice nella roccia. E' il 
segno dei puntelli infissi nella pietra e poi riempiti di
esplosivo; il sistema usato nel secolo scorso per vincere una
re una natura bella e paurosa nell'aspetto. Facciamo
'una sosta, poi si torna indietro. Un'altra mezzora di
cammino al buio, una pila illumina una galleria con le volte e le pareti rinforzate dal cemento armato e un piano abbassato di alcune decine di centimetri. Camminando, noto la differenza: siamo in discesa.

   (Mario Restaino.  Un treno, un'epoca: storia dell'8017,, pp.   29-33 )  

 

 

 
                   

                  
             

                 L'ingresso della Galleria di  

                          Balvano detta, dopo il disastro,   

               Galleria della morte              

                   

 

 
 
Guerra e Pace: GANDHI E LA LOCOMOTIVA - 
Per l'obiezione di coscienza generalizzata

di Wu Ming 4

                               

 

   Quando chiesero a Ghandi, se si fosse trovato al posto di inglesi e francesi, come avrebbe fermato le truppe di Hitler che invadevano l'Europa, rispose che gli europei avrebbero dovuto stendersi sui binari e non far passare alcun treno carico di armi e soldati. Quello che Gandhi ignorava è che probabilmente Hitler quei treni li avrebbe fatti procedere lo stesso... Ma noi oggi siamo più fortunati e almeno per il momento non possiamo essere spiaccicati. Mi sembra un vantaggio non indifferente di cui approfittare.

   Molti anni fa Guccini cantava una canzone su una locomotiva "lanciata a bomba contro l'ingiustizia". La canta ancora, a dire la verità, per i più nostalgici, ai suoi concerti: parla della rivolta individuale di un ferroviere anarchico che nei primi anni del secolo sequestra un treno eccetera eccetera. Questo è più di un accostamento d'idee. Da un lato è la constatazione di qualcosa che da 24 ore sta già accadendo; dall'altro è la premessa per dire che il movimento contro la guerra deve giungere a proclamare l'obiezione di coscienza generalizzata. 

   I ferrovieri si rifiutano di portare i treni militari a destinazione (o comunicano quando e da dove partiranno); noi ci mettiamo sui binari per impedirne il transito. L'intero movimento contro la guerra dovrebbe convergere su questa opposizione pratica e pacifica allo stato di belligeranza in cui ci troviamo ormai di fatto. Si tratta di offrire alle decine di milioni di manifestanti del 15 febbraio l'opzione di un gesto concreto e non violento, in piena sintonia con la miglior tradizione del pacifismo militante. 

  In fondo, la domanda che milioni di persone si stanno ponendo nel mondo da mesi a questa parte è proprio: "Come si ferma la guerra di fronte alla irrefragabile determinazione di Bush & company?". Beh, le guerre si fermano mettendo in minoranza e isolando i governi che le fanno, ma soprattutto paralizzando i paesi che vi partecipano. Paralizzandoli di fatto. Con blocchi, scioperi, diserzioni al regime di guerra che vorrebbero imporci nella maniera più soft e subdola possibile. Disobbedire, obiettare, disertare. Giungere a uno sciopero europeo contro la guerra. Uno sciopero politico continentale. Che si assuma la responsabilità di gettare badilate di sabbia negli ingranaggi economici e di dare un segnale potente almeno quanto il 15 febbraio. Bloccare le rotte delle armi.     

                

                              Fermare le locomotive.

 

   Far percepire ai militari americani in transito tutta la disapprovazione e il rigetto della società civile europea nei confronti di quello che stanno andando a fare. Essere semplicemente ovunque. Anche perché sappiamo bene che non si tratta "soltanto" di fermare i bombardamenti sull'Iraq. 

   Bush ha annunciato che Saddam è solo il primo di una lunga lista di dittatori che verranno spodestati con le bombe. Per risollevare l'economia americana dalla più grande crisi della storia non basterà mai la guerra-lampo irakena, come non è bastata quella contro i pastori afghani. La guerra sarà permanente. Quindi nemmeno la battaglia dei pacifisti potrà essere una lotta breve. 

  Dobbiamo prepararci. Dobbiamo essere cauti, quanto determinati. Senza mai dimenticare che siamo tantissimi, in tutto il mondo, una "superpotenza mondiale", e forse anche il più grande mezzo di comunicazione di massa dopo Internet. Usiamo il peso di questa pacifica armata di 110 milioni di persone. E non dimentichiamoci che alla fine in India l'Impero Britannico ha perso...

<fonte: Wuming Foundation>

 

 

 

     

      E QUEL TRENO DIVENTÒ LEGGENDA


   Il pubblico che applaude alla fine dei concerti crede che sia una leggenda interpretata da un cantastorie contemporaneo. La locomotiva, che corre “come fosse cosa viva”, è una bandiera del repertorio di Francesco Guccini.  

                                             

  Racconta un passato molto antico, quando la rivoluzione sembrava all'ordine del giorno, una storia di ferrovieri e di anarchia con un treno lanciato contro l'ingiustizia, come una “bomba proletaria”.    

   Guccini, come noto, non si è ispirato a una leggenda, ma alla realtà. Anche Stefano Pivato lo ricorda nel suo saggio su come le canzoni hanno raccontato la nostra storia. Tra l'altro l'episodio venne recuperato l'anno scorso per strappare una lacrima alle Poste di Bologna e indurle, invano, a non chiudere l'ufficio del Telegrafo, glorioso impianto oggi sconfitto da fax, e.mail e cellulari, ma che allora registrò il dramma in diretta minuto per minuto. 

  Accadde il 20 luglio 1893. In qualche archivio c'è ancora il dispaccio “urgentissimo” che lanciò l'allarme alle 16 e 45 di quel giorno. Qualcuno alla stazione di Poggio Renatico, un paesino in provincia di Ferrara, si era impadronito di una locomotiva e la stava portando a tutta velocità verso Bologna. Nel silenzio ottocentesco dell'Italia rurale il treno era ancora una diavoleria della modernità. Immaginiamoci questa macchina, “il mostro che divora la pianura”, che passava rombando e con la valvola del fischio bloccata sull'apertura. Venticinque minuti dopo l'allarme la locomotiva entrò in stazione ai sessanta all'ora. Non rimase che deviarla su un binario morto e sperare in Dio. L'uomo che la guidava, passando sugli scambi, capì dove lo stavano mandando. Smise di spalare carbone, uscì dalla cabina e si arrampicò sul muso della macchina, proprio sotto il fanale, come per prepararsi a un sacrificio, sicuro di sfracellarsi. Lo schianto fu terribile ma l'uomo si salvò. Era un fuochista delle ferrovie. 

  Il Resto del Carlino nelle cronache del tempo lo tratta con indulgenza. Scrive che è un buon impiegato e sottolinea che è padre di due bambine. Ma non riesce a farsi spiegare perché l'ha fatto. Ottiene solo una risposta sibillina: «Meglio morire che essere legato». Dunque un gesto politico? Un anarchico, un socialista, un rivoluzionario o uno squilibrato? 

  Guccini canta un eroe giovane e bello che impugna la fiaccola dell'anarchia, parla di guerra santa dei pezzenti e di torti da riparare. In realtà il fuochista aveva un passato non proprio modello. Atti di indisciplina, liti con i compagni, multe e sospensioni dal lavoro. La vicenda si fa confusa, sempre più terrena e penosa e sempre meno eroica. La verità va da una parte e la poesia dall'altra. Ma non importa. Sono dettagli che «nulla tolgono alla verosimiglianza storica della canzone», osserva Pivato. E ha ragione. Alla fine non vogliamo neanche saperla la storia vera. Meglio quella che ci racconta Guccini. 

(Carlo Donati http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/chan/2/33:4151156:/2003/02/19/

www.locomotivafumante.it/modules.php?name=News&file=article&sid=91)

 

...chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?

C’è un futuro per noi, al di là della linea di un orizzonte indefinito? O davvero, come canticchia amaro il comico romano Ettore Petrolini, non siamo che pacchi, campioni senza valore, che l’ostetrico spedisce al becchino?

Al di qua dell’ostetrico e al di là del becchino, la vita è aperta su due misteri. Prima della nascita e dopo la morte, da entrambi i capi la nostra esistenza è immersa nell’ignoto. Senza dubbio, sull’eterno; eterno, il nulla da cui forse siamo venuti; eterno, il nulla nel quale forse sprofonderemo.

Non crediamo sia in torto chi ha paragonato la nostra condizione a quella di chi si svegli su un treno che corre nella notte. Da dove è partito quel treno su cui siamo stati caricati, non sappiamo quando e perché? Dove è diretto? E perché questo treno e non un altro?

C’è chi si accontenta di esaminare il suo scompartimento, di verificare le dimensioni dei sedili, di analizzare i materiali. Per poi riaddormentarsi tranquillo: ha preso coscienza dell’ambiente che lo circonda, tanto gli basta, il resto non è affar suo. Ché, se poi l’angoscia dell’ignoto prenderà la gola, ci sarà sempre modo di scacciarla pensando ad altro. Come esorta il poeta, “meglio oprando obliar senza indagarlo quest’enorme mister dell’universo”.

Ma torniamo sul treno. Anche i più saccenti, qui, hanno una sola informazione sicura da dare: che il convoglio finirà per imboccare un tunnel oscuro, senza che alcuno possa scendere prima. Ma che vi sia oltre l’imbocco della misteriosa galleria, non sanno.

“Non c’è nulla, c’è solo il buio”, dicono alcuni.

Un’opinione rispettabile.

Ha purtroppo il difetto di mancare di prove. Nessuno è tornato indietro per darci relazione del suo viaggio al di là della linea della morte.

Noi siamo tra gli ingenui, gli inguaribili adolescenti, gli alienati. Tra coloro cioè che sono sgomentati, non ci vergogniamo affatto a riconoscerlo, dal silenzio eterno degli spazi infiniti che ci circondano. Invece di starcene tranquilli al nostro posto, guardando il buio correre fuori, preferiamo girare di scompartimento in scompartimento, nella speranza, chissà?, di trovare un qualche orario che dia un nome e una direzione a questo viaggio che non abbiamo voluto.

……Gesù …… Questo, infatti, è il solo uomo nella storia di cui si dice che sia tornato vivo dalla galleria della morte.

E se fosse vero?  

Il personaggio storico chiamato Gesù e che da venti secoli è legato all’idea di Dio ha diritto alla verità, non alle astuzie apologetiche. E noi abbiamo il diritto a non essere imboniti ma informati.

“Ma voi, chi dite che io sia?”, chiede ancora e sempre l’enigmatico protagonista del ritorno dalla galleria della morte.      

 

(da Ipotesi su Gesù, di Vittorio Messori, SEI Torino)

 

 
                                                                                                                                                       

        Genesis 24 : Isaac & Rebekeh: Love is a Gift of Angels

                                  

 

   As Train 8017 made its way through Salerno, Italy, on March 2, 1944, there was no indication of impending disaster. The chugging train didn't collide with anything on that rain-soaked evening. It didn't derail or burn. But shortly after 1:00 a.m., the train loaded with 600 passengers lumbered into the Galleria delle Armi. When the two locomotives pulling the train were halfway through the tunnel, their drivewheels began to slip. The wheels lost, traction and the train stopped. All else is speculation since both engineers died. Carbon monoxide snuffed out the lives of nearly 500 people. As analysts surveyed the wreckage, they found that the leading locomotive was unbraked, its controls set in reverse. The second locomotive was also unbraked, but its throttle was positioned "full ahead." The two locomotives had pulled and pushed against each other, each engineer obviously having fatally different ideas about what to do! Some have speculated that no lives would have been lost if the engineers had been in agreement about which direction to go.

There is a lesson here for those who are married or contemplating it. Are you travelling in the same direction? And what part does 'love' and 'romance' play in this journey? We know that God instituted marriage but what about romance? "Do you think God really cares about romance?" How do we keep the fire of love burning so that we stay on the right track for all our lives? As we look to the Bible for the answers in the next few weeks we are going to discover an abundance of couples in love.

                                                @@@

Il  treno 8017 nel disastro del 2 marzo 1944 è andato incontro a un imprevedibile disastro, non perché è deragliato o si è incendiato ma perché impossibilitato a seguire nella marcia per i binari umidi e il soprappeso.

Nella Galleria delle Armi, quando le due locomotive trainanti erano a metà strada del traforo, le ruote hanno cominciato a slittare, perdendo trazione e il convoglio si è bloccato. Oltre 500 persone sono morte per l’ossido di carbonio.

Gli esperti hanno rilevato  che la locomotiva principale si trovava con la posizione dei comandi in retromarcia, mentre la seconda locomotiva aveva la  valvola a farfalla  posizionata "in pieno avanti." Le due locomotive avevano tirato e spinto in posizioni opposte, coi due macchinisti che avevano idee fatalmente e diametralmente opposte  sul cosa fare! Giustamente è stato reputato  che nessuna vita sarebbe stata persa se i macchinisti fossero stati nell'accordo circa cui senso da andare.

L’articolo ne trae una morale per le coppie affinché diano un senso comune alla loro vita. Ma il concetto può essere esteso: con la Rivoluzione del Sapere e il primato dello stesso sull’Economia(oggi dominante) le masse di uomini,  finalmente accomunate da un comune ideale, sapranno che bisogna andare per sopravvivere nella stessa direzione: l’Uomo Fraterno.

La Fratellanza del Sapere, terzo principio negletto della Rivoluzione Francese,  darà un senso rinnovati ai Principi della Libertà(Destra) e dell’Eguaglianza(Sinistra), facendo altresì cadere gli steccati in nome di una società aperta e sapienziale.

(Per chi vuol leggere il resto dell'articolo clicchi su
 http://www.christchurch-virginiawater.co.uk/sermons/genesis24.htm