L'Europeo
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Il numero in edicola del bimestrale L'Europeo (n. 2 / 2006) ripropone
pressoché integralmente il testo dell'inchiesta di Giulio Frisoli
"Il disastro dell'8017", originariamente pubblicata in tre puntate nel
marzo 1956 sullo stesso periodico.

A corredo dell'articolo è proposta anche un'intervista di Adolfo Pappalardo
a Giovanni Scutiero e Agaldino Acampora, due sopravvissuti della sciagura di Balvano.

 

Il giornalista che non volle più scrivere

di Piero Antonio Toma

 

Forse se le ricorda ancora quelle quattro cifre:“8017” a distanza di 63 anni, giusto il 3 marzo di quest’anno. Quella notte perirono asfissiati in una galleria sul tratto Napoli-Salerno-Potenza 516 passeggeri. Fu la  più grande catastrofe ferroviaria del mondo, commentò dieci anni dopo su L’Europeo ricostruendone in tre puntate magistrali il tragico epilogo.

Ma fu anche il disastro meno “raccontato”.  A quei tempi la guerra era ancora  il fiato che alitava sul collo di tutti, ma erano i suoi postumi fra città distrutte e ponti crollati a rallentare il ritorno alla normalità.  Se ne occupò di sfuggita soltanto il quotidiano Il Risorgimento di Napoli (che per disposizione degli Alleati era stato fondato per sostituire i tre storici giornali, colpevoli di connivenze col fascismo, Il Mattino, il Roma e il Corriere di Napoli). A leggerle quelle pagine del settimanale si rimane ancora come soggiogati dall’acutezza delle descrizioni tanto che al lettore pare di assistere a un agghiacciante documentario cinematografico. La sua penna aveva questo di eccezionale, agile e immediata, come poche.

Di articoli ne ha firmati a migliaia su importanti quotidiani italiani (da La Nazione di Firenze a Il Messaggero di Roma)). Ma i suoi tempi  per le numerose inchieste li aveva trascorsi con i grandi settimanali, da Panorama a Oggi a Famiglia Cristiana. Compresa Epoca della Mondadori nel cui ufficio napoletano  al primo piano all’angolo fra via Cervantes e via dei Fiorentini, egli batteva elegante e forsennato sulla Olivetti 22, quella che lo seguivanei suo viaggi di inviato. Lo conobbi lì, mentre tambureggiava senza levare il viso dalla tastiera. Stetti  a osservarlo divertito. Scrisse tre cartelle difilato. Non perse tempo nemmeno a rivederle spedendole con un fattorino alla Posta centrale dove, al secondo piano, presso l’Emeroteca Tucci (la biblioteca-archivio dei giornali)  esisteva una postazione di Radiostampa, la stazione radiotrasmittente direttamente collegata con i giornali. A metà degli anni ‘70 lo rividi al Corriere di Napoli, diretto da Albo Bovio.

 Era quest’ultimo il periodo in cui c’incontravamo spessissimo al Circolo. Credo che sia riferibile a lui la  paternità dell’espressione “Villa al mare”:  alla quale invitava, gloriandosene,  i colleghi giornalisti di passaggio a Napoli. Un conversatore pari al giornalista, di classe,  arguto, brillante, non perdeva mai il gusto della battuta. Ma  sotto la patina dell’umorismo si celava ben mascherata quella dell’ipocondria.  Combinazione peraltro usuale presso i napoletani di un certo rango intellettuale. Aveva un’aria tutta “understatement” del “tombeur de femmes”. Al Circolo, per quanto ne sappia io, la sua presenza era ed è  una di quelle piacevolmente condivise da tutti. Una di quelle figure che arricchiscono un sodalizio. Il quale, pour dovendo e volendo vivere di sport, si è spesso ornato di qualche accessorio culturale.

Non so a quale epoca, dopo la pensione,  risalga la sua rinuncia a rimettersi davanti alla macchina per scrivere (o al computer). Cioè un paio di decenni fa. E non ne ho mai capito  il senso. Ricordo che agli inizi degli anni ’90 uscì Il tridente un volume che Vittorio Paliotti gli editò e che venne presentato al Circolo della Stampa. Era una silloge di  racconti e di poesie, i primi ebbero anche il pubblico riconoscimento  di Elio Vittorini. Il quale addirittura  sembra ne abbia pubblicato uno sulla sua leggendaria rivista “Il Politecnico”, fondata a Milano nel 1954. Giornalista, dunque, e anche uomo di lettere. L’anno scorso ha festeggiato il suo mezzo secolo di iscrizione all’Ordine professionale.

Non se so se l’avete capito, ma sì che lo avete capito, sto parlando di Giulio Frisoli. Un collega che porta lustro alla professione e alla cultura. E  alla  “Villa al mare. Ciao, Giulio.