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Up 

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manuale per
l'aspirante scrittore 

a cura di
Francesco Grasso 

PRIMA PARTE

...tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul mondo dell'editoria e non avete mai osato chiedere...

di Francesco Grasso

 

Introduzione

Scopo del presente manuale è quello di fornire un "aiuto in pillole", una sorta di breviario o vademecum per i nuovi autori. Esso è dedicato con rispetto, ammirazione e profonda solidarietà a chiunque decida, seguendo un malsano impulso momentaneo o un più duraturo desiderio masochista, di imboccare la perigliosa ed impervia via dello scrittore.
Il presente manuale non ha la pretesa di di fornire consigli letterari agli autori in erba. Non si prefigge d'insegnare come scegliersi uno stile, come delineare un intreccio, come abbozzare i personaggi o affrontare un dialogo plausibile. In definitiva, non tenta di spiegare a chicchessia come scrivere un libro.
Al contrario, esso tenta di mettere per iscritto una summa di ciò che il curatore e tanti suoi colleghi scrittori hanno appreso in anni di attivit&agrave. Verrà presentato un quadro crudo e realista del mondo editoriale italiano, verranno poste sotto i riflettori le verità evidenti e quelle nascoste, verranno spiegati i motivi del comportamento talvolta incomprensibile degli editori, dei curatori di collane, dei traduttori, degli articolisti, dei critici letterari. Verranno evidenziate con schiettezza e senza ipocrisia le odierne possibilità di successo per un autore esordiente. Con la massima modestia ed onestà, si tenterà di mettere in mano ai lettori delle "armi" adatte ad affrontare la sfida del mercato editoriale. Non si pretende di fornire risposte a tutte le domande. Non ci si illude di dare conoscenza completa, nè verità assolute. Ci si contenterà, parafrasando un grande autore del passato, di lasciare il lettore un po' più ricco di come lo si è trovato.

Cosa scrivere

Il dato di fatto, è inutile illudersi, è che gli italiani al giorno d'oggi non leggono.
Le statistiche parlano chiaro, e non è neppure necessario consultarne i risultati per rendersene conto, tanto questa realtà appare evidente. Le uniche letture per la stragrande maggioranza degli italiani sono rappresentate dai quotidiani. E neppure dai quotidiani per intero: molti leggono soltanto le pagine sportive, al limite l'oroscopo, il resto è troppo faticoso. Una piccola minoranza della popolazione consuma (se si può usare questo termine) qualcosa di diverso dai giornali, ed anche in questo caso si tratta di riviste, di settimanali, di periodici in genere.
A leggere narrativa, racconti o romanzi che siano, è una minuscola percentuale degli italiani. Ancor meno persone si interessano di saggistica, o di poesie; un sottoinsieme di questa percentuale acquista regolarmente più di due volumi l'anno. Infine sono realmente pochissimi, vere mosche bianche, gli italiani disposti ad acquistare libri di autori esordienti.
Se poi, dopo il quanto, guardiamo a cosa gli italiani leggono, il quadro che ci si presenta agli occhi è ancor più desolante.
Da un lato ci sono i successi commerciali (centinaia di migliaia di copie vendute) di romanzi di autori famosi (Umberto Eco, solo per fare un nome). Questi romanzi, benchè in sè ottimi lavori, in gran parte vengono acquistati solo perchè tenere sugli scaffali della propria libreria un nome famoso è gratificante, è indice di sensibilità alla moda, fa sentire colti di fronte agli amici...
Naturalmente non c'è poi bisogno di leggerli realmente, questi romanzi.
O meglio, a leggerli veramente è soltanto la piccola percentuale di cui parlavo prima, i consumatori abituali. Gli altri comprerebbero anche volumi dalle pagine bianche, purchè forniti di una bella copertina col nome famoso messo bene in evidenza, magari accompagnato dalla foto dell'autore in posa plastica.
Dall'altro lato ci sono i libri-spazzatura, questi sì letti, anzi divorati dal grosso pubblico, mai sazio di simili capolavori. Si va dalle rivelazioni sulla vita sessuale dei futuri regnanti ai romanzi scandalistici sugli ex-divi di Hollywood, dalla raccolta di vignette e/o monologhi umoristici dei più gettonati comici televisivi ai ricordi dei primi quarant'anni d'attività di prostitute d'alto bordo... Queste opere sono capaci di polverizzare in pochissimi giorni ogni record di vendita, cosa che porta alla nausea ed alla disperazione tanti validi giovani scrittori, e li fa pensare di aver scelto il mestiere sbagliato.
L'impressione comune è che la gente, almeno la maggioranza, entri in libreria con le idee meno che chiare, sotto il totale condizionamento del "grande fratello" televisivo, e questo li porta a scegliere il nome del personaggio che ha già visto sul piccolo schermo, quasi che l'andare o meno in onda promuova o bocci automaticamente un autore.
Apparire in una trasmissione televisiva, diventare un "volto" conosciuto, meglio ancora partecipare a trasmissioni-contenitore, a salotti televisivi, far polemica davanti alle telecamere, oggigiorno è molto più importante di qualsiasi attitudine letteraria. Non c'è bisogno di citare i vari Roberto d'Agostino, Giobbe Covatta, Pazzaglia o Francesco Salvi per chiarire l'esempio.
Questa è la situazione. Può apparire giusta o sbagliata, in questa sede non importa. Uno scrittore esordiente, ancora in cerca del proprio stile, dei propri temi, della propria identità artistica, deve allora porsi il problema di quali siano i propri fini, le proprie aspirazioni, i propri traguardi. Per cosa vuole scrivere? E per chi?
Se aspira a diventare un autore letto, di successo, o più modestamente a mantenersi con i suoi scritti, dovrà accettare più di un compromesso. Dovrà seguire i gusti del pubblico, mantenere il proprio lavoro su standard commerciali, curare la propria immagine, far di tutto per apparire al Maurizio Costanzo Show, o comunque in televisione. Il suo lavoro sarà molto più complesso che adagiare parole sulla carta.
Se invece scrive, o aspira a farlo, per soddisfare le proprie personali inclinazioni, per il gusto di farlo, perchè solo così riesce ad esprimere le passioni ed i conflitti che si porta dentro, perchè in definitiva tenta di comunicare qualcosa di sè al mondo, si tolga dalla testa di poter diventare ricco. Anzi, si tolga dalla testa di riuscire a tirare avanti con i suoi guadagni letterari. Per farlo non dovrà essere solo molto bravo, ma anche tanto, tanto fortunato.
Non è cinismo, non è amarezza rancorosa. E' una semplice constatazione, ed è un monito che doverosamente va fatto agli autori principianti.
Dunque cosa scrivere? La domanda è meno oziosa di quanto si potrebbe pensare. Molti giovani autori sono convinti che la cosa migliore sia specializzarsi in un settore particolare della narrativa. I gialli, ad esempio, o i romanzi rosa, o l'horror, l'avventura, il noir. Spesso capita che l'aspirante scrittore, per i primi tentativi, si limiti al genere letterario verso cui ritiene di essere portato, quasi non osasse avventurarsi fuori dal piccolo recinto in cui si sente sicuro. Ed a volte, nonostante gli insuccessi, capita che ci si impunti sul genere prediletto, ignorando completamente altre strade magari più agevoli per il medesimo traguardo.
Il primo consiglio che questo manuale ha la pretesa di dare è di non commettere questo errore. Non tarpatevi le ali da soli. Limitarsi ad una "nicchia" letteraria in genere è negativo. Lo è doppiamente se questa "nicchia" è angusta, senza sbocchi nè prospettive.
Lo scrivere è un'attività che può dare soddisfazioni comunque, a prescindere dal modo in cui si sceglie di farlo. Del resto, le classificazioni date ad un'opera, le "etichette" imposte dall'esterno sono, appunto, etichette e nulla pi&ugrave.
Il consiglio dunque è tentare. Prosa, poesia, saggi, mainstream, fiction, cronaca, costume, humour. Cimentarsi in più direzioni. Si scoprirà che le stesse tecniche, gli stessi stili, finanche gli stessi argomenti e tematiche, in breve tutto ciò che si ha da dire, può essere detto ovunque e comunque si scelga di farlo.
In più, diversificando la propria produzione, l'aspirante autore non si chiuderà nessuna porta. Al contrario, avrà a disposizione molte più opportunità, e forse, benchè possa sembrare grottesco, gli accadrà di scoprirsi molto più bravo a trattare un genere che gli era sconosciuto piuttosto che quello che lo ha sempre attratto.

Ma il problema più arduo, comunque, resta quello di trovare un editore. E sarà proprio questo l'argomento principale della prossima puntata.

 




SECONDA PARTE - GLI EDITORI 





...tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul mondo dell'editoria e non avete mai osato chiedere...
La maggior parte degli scrittori vive il proprio rapporto con l'editore in maniera negativa. Dire che tra le due categorie non corre buon sangue significa minimizzare le cose: editori e scrittori a volte si comportano come nemici naturali. I primi reputano i secondi una torma di petulanti scocciatori, viziati e ignoranti; i secondi, a loro volta, vedono i primi come creature malefiche, che vivono con l'unico scopo di frustare le loro legittime aspirazioni e di sbarrar loro la via della fama e del successo.
Questo manuale consiglia all'aspirante scrittore di usare un minimo di discernimento. La Casa Editrice, ovviamente, non è un istituto di beneficenza. E' un impresa. E, come tale, ricerca un fatturato, investe nel lavoro degli scrittori in prospettiva d'un guadagno.
Certo, ci sono tanti modi di svolgere questo lavoro. L'importante è di non fare d'ogni erba un fascio: esistono numerosi tipi di editori, alcuni corretti, altri meno. Per comodità si tenta in questa sede di classificarli (in tono bonariamente goliardico), mediante un'ironica "Scala Gutenberg". 
Il primo gradino della Scala Gutenberg comprende gli editori "distratti": persone affabili, dotate di un aplomb esemplare, d'una tranquillità ed indifferenza del tutto britannica.
Gli editori distratti si riconoscono per la singolare capacità di perdere qualunque manoscritto venga loro inviato, di dimenticare il nome dello scrittore tredici millisecondi dopo averlo ascoltato, di non riconoscere il malcapitato neppure al decimo incontro, di rispondere alle lettere con grande puntualità esattamente diciotto mesi dopo la fatidica frase "attenda ns. notizie", di evitare con cura qualsiasi forma di pubblicità diretta o indiretta all'opera che, con sommo dispiacere, hanno infine consentito a pubblicare.
Gli editori distratti sono capaci di mandare alle stampe in quindici formati diversi un'opera vista e rivista di un autore ben noto, ma allo stesso tempo di ignorare completamente, non per malizia ma per miopia congenita, i nomi nuovi, anche se pieni di talento. Il loro motto è: "Niente sarà pubblicato per la prima volta".
L'editore distratto ha, probabilmente a ragione, una fiducia illimitata nel mezzo televisivo. Messo di fronte all'opera di un'esordiente proposto per la pubblicazione, se soddisfatto, con certezza commenterà:
"Bravo, questo tizio, scrive bene... Ma quali trasmissioni ha fatto?"
Si tratta, tutto sommato, della classe più tollerabile di editori, al quale appartiene la maggioranza della categoria. 

Al secondo gradino della Scala Gutenberg si posizionano i cosiddetti editori "feticisti". Questo sottogruppo, vittima di perversioni ad evidente sfondo sessuale, gode fisicamente nel cestinare lettere e manoscritti, prova un piacere enorme nel farsi negare al telefono, tanto che ascolta più volte al giorno la voce registrata della segretaria che recita "Il dottor XXX è in riunione", traendone un'intensa soddisfazione carnale.
L'editore feticista, quando risponde alle lettere, lo fa solo tramite circolari, spesso compilate in più colori con caratteri insoliti allo scopo di impressionare l'interlocutore, e ciÚ in linea con il comportamento abituale dei maniaci esibizionisti. L'editore feticista pubblica solo seguendo la moda, ed è pronto a cambiare politica cosÏ come si cambia un vestito. L'editore feticista predilige per i suoi volumi copertine shocking, molto curate e dettagliate, con grandi foto dell'autore, perchè sa bene cosa veramente sta vendendo.
L'editore feticista ama pubblicare opere di non-scrittori, ovvero di persone famose in altri campi, che decidono un giorno, per un motivo o per l'altro, di prendere in mano una penna o un word-processor. Si tratta di un comportamento a prima vista bizzarro, almeno dall'esterno, perchè equivale ad investire su un non-professionista. Tuttavia, il mercato italiano sembra rispondervi più che bene, come dimostra il crescente numero di cantanti-scrittori, di attori-scrittori, di giudici-scrittori, di politici-scrittori, addirittura di papi-scrittori. Chissà, forse l'editore feticista è l'esemplare più acuto dell'intera categoria. 

Il terzo gradino della Scala Gutenberg è, dopo il primo, il più affollato: esso raccoglie i cosiddetti editori "questuanti", ovvero gli editori che amano piangere miseria ed implorare aiuto economico da parte degli autori. Chiunque abbia tentato l'impervia strada dello scrittore ha incontrato lungo il cammino almeno un esponente di questo gruppo.
L'editore questuante è editore soltanto per caso. Potrebbe essere pasticciere, calzolaio, o dentista: la Casa Editrice è per lui un semplice mezzo per produrre denaro. Il contenuto dei manoscritti, il messaggio, lo stile, il valore letterario, a suo parere non hanno nessun significato. L'unica cosa che conta è che l'autore sia disposto a partecipare alle spese di pubblicazione; meglio ancora, che se ne faccia carico interamente: per il resto, potrebbe pubblicare anche la lista della spesa. L'editore questuante ha una visione semplicistica del suo lavoro, e della realtà editoriale nel suo complesso. "In Italia i lettori sono pochissimi..." egli pensa "In compenso gli aspiranti scrittori sono infiniti. Perchè dunque sprecare tempo e fatica sullo scarno mercato dei lettori, quando si puÚ far soldi spremendo gli autori?". Dal suo punto di vista il ragionamento dell'editore questuante è comprensibile, e ciÚ ne fa l'esemplare più abietto e pericoloso dell'intera categoria.
Sul quarto gradino della Scala Gutenberg, infine, troviamo gli editori "mistici". Sono costoro un gruppo originariamente compreso negli editori questuanti, che successivamente, cadendo vittima di paranoia e manie di grandezza, ha peggiorato la propria posizione. L'editore mistico, mediante tecniche di autoipnosi e feroci training notturni, riesce ad autoconvincersi che è giusto chiedere soldi agli autori, che anzi questo è necessario per la stessa sopravvivenza della Letteratura, dell'Arte. Con un bispensiero orwelliano l'editore mistico trasforma la prosaica ricerca di denaro per le proprie tasche in un'encomiabile lotta per la salvezza della Cultura, e riesce perfino, chiedendo contributi milionari agli scrittori, ad essere gratificato dalla grandezza del suo compito. Gli editori mistici amano presenziare conferenze, essere intervistati, rilasciare autografi; i loro deliri (alcuni editori mistici hanno persino scritto dei libri per osannarsi) sono oggetto di studio da parte di neuropsichiatri alla disperata ricerca di possibili cure. L'editore mistico è finanche convinto di conoscere meglio dell'autore le possibilità artistiche dell'autore stesso, e spesso tenta di convincerlo a cambiare genere letterario, non di rado offendendosi per i rifiuti. Benchè fortunatamente rari, gli editori mistici rappresentano delle mine vaganti per gli aspiranti scrittori, in quanto preferiscono proprio trattare con autori "nuovi", pensando di poterli più facilmente "plasmare" secondo le loro convinzioni. 

Entrando nel campo delle mere ipotesi, si favoleggia l'esistenza di un grado zero della Scala Gutenberg, detto anche limbo dell'Editore Unicorno, o dell'Editore delle Nevi, o dell'Editore di Loch Ness. Appartengono a questo mitologico gruppo gli editori che rispondono alle lettere, che addirittura, si racconta, leggono i manoscritti degli sconosciuti, che commentano anche i testi rifiutati dando consigli e suggerimenti, che si fanno trovare al telefono, che stipulano contratti di pubblicazione umani, che camminano sulle acque, che moltiplicano pani e pesci. Non tutti credono all'esistenza di simili creature: bisogna aver fede.


Nonostante sia paradossale, questa scala di riferimento può tornar utile al novello scrittore. Egli, ponendo sul giusto gradino l'editore con cui sta trattando, può meglio interpretare le sue reazioni, può meglio capire cosa l'altro si aspetta e cosa invece ha intenzione di dare.
Ma, a parte classificare l'interlocutore, come si deve porre l'aspirante scrittore nel suo confrontarsi col mondo editoriale?
Si consiglia anzitutto pazienza. Di più, testardaggine. Lo scrittore dev'essere cocciuto; dev'essere perseverante, irrriducibile. Nella sua ricerca di un editore egli dev'essere instancabile, privo di qualsiasi timore; soprattutto, non deve mai lasciarsi scoraggiare.
Attenzione, ciò non vuol dire fiducia incrollabile nelle proprie qualità. L'aspirante autore dev'essere sempre aperto ai consigli, alle critiche costruttive; deve prevedere di maturare, di cambiare stile e linguaggio. Mettendo in conto tale possibilità, insistere significa semplicemente porre il proprio lavoro al giudizio di quante più Case Editrici possibile. Perchè i criteri di valutazione degli editori, lo si scopre con sorpresa, sono estremamente variegati. Ciò che per un editore è immondizia, per un altro è capolavoro. Scoprire questo semplice concetto è un enorme passo avanti sulla strada che porta allo scrittore professionista. Capita infatti che l'autore esordiente accetti come oro colato il primo giudizio che riceve, non per ingenuità, ma per una sorta di timore reverenziale verso gli esponenti di un mondo di cui non ha alcuna conoscenza. Per l'autore esordiente le parole del primo editore che si abbassa a giudicare le sue opere sono il Verbo. Queste parole, se negative, gli peseranno addosso come macigni.
Nulla di più sbagliato. Ogni editore ha un gusto soggettivo, valido esattamente quanto quello di chiunque altro. Mai farsi impressionare, dunque, mai farsi influenzare. 

I grandi Editori
Non si abbia timore delle dimensioni di giganti quali Mondadori, Rizzoli, Einaudi, Bompiani... Proprio la loro "enormità" ha l'effetto di renderle più aperte verso gli autori nuovi: i responsabili per le scelte letterarie di queste Case Editrici hanno alle spalle una sicurezza economica che li mette al riparo, e dunque possono tranquillamente puntare sul nome nuovo, ed accettare quello che per altri sarebbe un rischio.
Certo, c'è il rovescio della medaglia: capita che per le loro dimensioni Mondadori, Rizzoli ecc. siano realtà spesso caotiche, siano organismi confusi in cui la mano destra non sa quel che fa la mano sinistra. Per uno scrittore non abituato all'organizzazione gerarchica, alle pratiche aziendali, alle riunioni dirigenziali, alle segreterie amministrative da non confondere con le amministrazioni di segreteria, il semplice comunicare può risultare più che complesso.
Spesso si tende, in queste circostanze, a rivolgersi alla singola persona piuttosto che alle redazioni. In genere l'autore giunge a conoscere un responsabile di collana o una figura analoga, e da quel momento la considera suo punto di riferimento. Tale scappatoia può apparire comoda, ma è pericolosa, perchè immancabilmente tale persona viene trasferita o si licenzia proprio quando l'aspirante scrittore ha finalmente il manoscritto pronto da inviare in visione. Tenetelo bene a mente, dunque, e procuratevi quanti più interni telefonici e numeri di fax possibile. 
I piccoli Editori
Contattarli è sorprendentemente facile. Basta aggirarsi in una comune Fiera del Libro, in un qualunque evento culturale e/o mondano per trovarne a sazietà. Molti di loro appartengono purtroppo al terzo gradino della scala Gutenberg, ma altri sono persone corrette, seri professionisti, con cui non si hanno problemi a trattare. Vantaggi della piccola editoria sono la dinamicità, la flessibilità, e soprattutto il controllo del territorio. In genere infatti il piccolo editore è ben legato alla realtà locale in cui opera, e questo garantisce all'aspirante scrittore, che sia conosciuto nella zona, una diffusione capillare dell'opera pubblicata, cosa in genere esclusa alla grande Casa Editrice.
Instaurare un rapporto di collaborazione con piccoli editori è più semplice, perchè si entra subito in familiarità, perchè ci si può vedere di persona con frequenza, perchè si evitano i dialoghi epistolari e l'agonia delle segretarie al telefono. Si può andare insieme nelle librerie a presentare il libro, si può discutere sulle ristampe, si può rispondere a due voci alle recensioni.
Gli svantaggi esistono, naturalmente. Non sono di natura finanziaria: una buona promozione locale può rendere molto di più di una pessima promozione nazionale. E poi, il piccolo editore è ben più motivato del grande a vendere: per il secondo, un libro che resta nei magazzini è fonte al più di disappunto; per il primo, può anche significare il fallimento.
Piuttosto, il problema del piccolo editore è che difficilmente rischia su un esordiente. E questo per il motivo appena detto... Bisogna perciò che l'autore si sappia "vendere", ovvero sappia presentarsi all'editore come un investimento valido. Occorre sfruttare al meglio i propri titoli, evidenziare precedenti esperienze letterarie, eventuali critiche positive o recensioni titolate. Occorre, soprattutto, classificare bene l'editore, e dirgli chiaro e forte tutto e solo quello che lui vuol sentire.
Ma se proprio non vi si riuscisse... Be', ci sono altre strade, come i concorsi letterari, L'autoproduzione. E saranno proprio questi gli argomenti della prossima puntata.

tratto da http://www.delos.fantascienza.com/delos13/manuale2.html


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Last updated: maggio 08, 2005.