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    | <<Eccessiva penalizzazione, Di P. Bezard, J-F Burgelin, P. Courroye, J-M Darrois, M-N Dompé, F
      Franchi,
 D. Martin, E Mulon-Montéran, C Vacandare, F Vert
 
 LE MONDE | 01.10.03 . MIS A JOUR LE 01.10.03 | 13h50
 
 In una tribuna apparsa nel 2002 (il mondo del 1 agosto 2002), avevamo
      voluto
 ricordare che avvocati e magistrati potevano - oltre all'opposizione
 naturale che implicano professioni a priori
 antagonistiche - intendersi su ragioni comuni che le uniscono, per tentare
 di servire meglio la giustizia e migliorare il suo funzionamento.
 
 Una constatazione si impone: quello della penalizzazione eccessiva dei
 ricorsi, singolarmente nella vita delle cause. La giustizia penale molto
 spesso, troppo spesso, è sollecitata per affari che non
 meritano veramente sanzioni penali. Ciò non dipende dal giudice, che non
      può
 procedere d'ufficio. È di rado colpa del pubblico ministero. È
 principalmente colpa delle parti stesse, che moltiplicano le querele con
 costituzione di parte civile.
 Questa tendenza naturale a rivolgersi al giudice penale può spiegarsi, ci
 sembra, con la visione squilibrata che ha la parte dei poteri di questo
 giudice penale rispetto al giudice civile, nei
 confronti in particolare delle norme di prova.
 Per molti, la giustizia penale è in sommo grado l'affare dei giudici, e
 singolarmente del giudice d'istruzione. Egli istruisce a carico ed a
 discarico e può, secondo l'espressione dedicata dal codice di procedura
 penale, procedere a qualsiasi atto d'informazione che giudica utile alla
 dimostrazione della verità. Il giudice d'istruzione investiga, ricerca,
 indaga, confronta, convoca, si muove, concede
 udienza... Oltre anche della fase d'istruzione, le udienze penali - che si
 svolgono a volte per molte settimane - permettono ancora una piena
 espressione dei poteri del giudice penale: interrogatori degli imputati ed
 altre audizioni di testimoni illustrano il ruolo svolto dal giudice nell'
 accertamento della verità.
 Suscitare il timore del suo avversario, attentare se necessario alla sua
 reputazione, ciò lo attrae al penale. Le imprese ed i loro dirigenti ne
 hanno oggi una coscienza acuta. Il rischio penale è
 diventato molto più di un concetto: è ormai una preoccupazione
      quotidiana
 che richiede attenzione e vigilanza.
 La concezione che la parte può avere del processo civile e del ruolo
      giudici
 che ne hanno il carico è in compenso spesso diversa. Il processo civile,
      è
 anzitutto affare delle parti e dei loro difensori. È prima di tutto una
 procedura scritta, uno scambio tra tecnici che dovranno convincere un
 giudice del buon fondamento giuridico delle loro pretese. La convinzione
      che
 si forgerà il giudice al momento di definire la controversia di cui è
 investito si farà, principalmente, alla luce degli elementi che le parti
      -
 sulle quali pesa l'onere della prova - saranno in grado di fornirgli.
 Questa differenza di percezione tra una giustizia penale considerata
      attiva
 ed una giustizia civile percepita come più passiva nella ricerca della
      prova
 può spiegare la constatazione che fanno
 oggi numerosi professionisti della giustizia, magistrati o avvocati: molti
 affari di cui sono interessate le giurisdizioni penali troverebbero più
 naturalmente il loro posto dinanzi alle
 giurisdizioni civili.
 Ma le parti hanno soltanto idea della dimensione dei poteri a disposizione
 realmente del giudice civile per istruire, prima ancora di giudicare, le
 cause che gli sono sottoposte? Ci si può rammaricare che il giudice
      civile
 non svolge spesso - per tradizione, più prosaicamente per mancanza di
      tempo,
 conto tenuto del suo carico di lavoro, o ancora più semplicemente perché
      le
 parti ed i loro difensori non glielo richiedono - un ruolo veramente
      attivo
 nell'istruzione
 degli affari e più generalmente nella fase preparatoria del giudizio.
 Comunque le prerogative che gli sono conferite in nome dell'accertamento
 necessario della verità è, nello stato del diritto vigente,
      considerevole.
 
 Nel contesto della fase d'istruzione di un affare civile, il giudice
      vigila
 principalmente sul rispetto del principio del contraddittorio, espressione
 fondamentale dell'onestà che si devono reciprocamente gli avversari.
 Questi devono scambiarsi argomentazioni, mezzi, documenti, il tutto sotto
      il
 controllo del giudice, che si assicurerà nel corso di questa fase
 preparatoria che l'affare sia bene messo in stato di essere
 giudicato. Ma nell'accezione comune - e, riconosciamo, nella pratica -
 l'ufficio del giudice civile comincia veramente alla chiusura della
 procedura: debitamente fornito delle argomentazioni
 avanzate dalle parti ed i loro difensori, dei documenti che avranno potuto
      o
 voluto produrre, quindi chiarito dalle loro osservazioni orali in
      occasione
 dell'udienza, il giudice definirà la
 controversia nel segreto del suo deliberato.
 
 Questa passività relativa del giudice civile nella fase dell'istruzione
 della causa non è tuttavia dovuta ad un'insufficienza di poteri: il
      codice
 di procedura civile permette effettivamente al
 giudice, su richiesta delle parti o anche d'ufficio, di svolgere un ruolo
 principale in nome dell'accertamento della verità.
 
 Dispone del potere di ordinare ogni misura d'istruzione legalmente
 ammissibile sui fatti da cui dipende la soluzione della controversia
 (consulenza, tra altre).
 Può anche, per verificarli lui stesso, prendere in qualsiasi materia una
 conoscenza personale dei fatti controversi. Può così procedere alle
 constatazioni, valutazioni, apprezzamento o ricostituzioni che
 ritiene necessarie, portandosi se necessario sui luoghi.
 
 Può ancora, nel corso delle operazioni di verifica, all'udienza o in
 qualsiasi altro luogo, farsi assistere di un tecnico, sentire le parti
 stesse, e più generalmente ogni persona la cui escussione sembra utile
      all'
 accertamento della verità.
 
 Questa possibilità di sentire una persona estranea alla controversia si
      è
 del resto esplicata, in questi ultimi anni, con la pratica detta dello
 amicus curiae (l'amico della corte): il giudice prega una personalità di
 venire, in questa qualità, ad illuminare la giurisdizione su questo o
      quel
 punto.
 
 Il giudice può dunque, in qualsiasi materia, fare comparire personalmente
      le
 parti o l'una di esse, secondo il caso in presenza di un tecnico, e
 confrontarle ai testimoni. Il codice di procedura
 civile, che prevede quest'aspetto delle parti, si è anche premurato di
 precisare che queste devono rispondere personalmente alle domande che sono
 poste loro, senza potere leggere nessun appunto!
 Quest'enumerazione molto rapida dei poteri conferiti al giudice civile dal
 codice di procedura civile illustra il ruolo più attivo che quest'ultimo
 potrebbe giocare nell'istruzione di alcuni affari, d'ufficio o su
      richiesta
 delle parti.
 Ciò che si può desiderare, è, in alcuni casi specifici, una
      affermazione più
 netta da parte del giudice civile delle prerogative che sono sue in
 occasione della fase d'istruzione delle cause. Nulla lo
 costringe ad accontentarsi di ciò che le parti vogliono dirgli e sono in
 grado di fornirgli: può, sul modello del giudice penale di cui si sa che
      i
 poteri segnano gli spiriti, verificare, intendere,
 constatare, fare apparire, confrontare, indagare...
 
 Il ruolo degli avvocati è, nella materia, lontano dall'essere
      trascurabile.
 Spetta loro, per tutto ciò che il giudice può fare d'ufficio, di
      provocare
 il suo intervento nella fase d'istruzione delle cause civili.
 
 Quando la natura dell'affare si presta e che la posta lo giustifica, la
 rivendicazione e l'esercizio effettivo da parte del giudice civile dei
      suoi
 poteri potrebbero contribuire a modificare, nello spirito delle parti, il
 convincimento che possa esservi uno squilibrio troppo marcato dei poteri
 d'istruzione del giudice civile rispetto al giudice penale. L'intervento
 inadeguato - alcuni direbbero intempestivo - delle giurisdizioni penali
 potrebbe forse essere resa meno frequente.
 
 La base dei poteri di cui il giudice civile dispone già nello stato del
 diritto esistente ci sembra soddisfacente, e certamente sufficiente per
 impegnare quest'evoluzione della pratica giudiziaria.
 
 Ma forse si potrebbe prevedere di andare più lontano ancora nella
 dichiarazione dei poteri del giudice civile.
 I poteri del giudice delle procedure di référé potrebbero così essere
 estesi, per permettergli ad esempio di designare un esperto dal momento
      che
 il ricorrente riporterebbe la prova di un pregiudizio avverato in
      relazione
 di causalità con un impegno contrattuale. La via della procedura per référé
 sarebbe così aperta, non soltanto in caso di danno per fare cessare un
 comportamento o adottare misure cautelari, ma anche in presenza di un
 pregiudizio la cui causa sembra seria ed in relazione con il pregiudizio
 addotto, e ciò in attesa di autorizzare il ricorso a misure d'istruzione
 civile.
 
 L'efficacia di queste misure d'istruzione dovrebbe ben sicuro essere
 garantita prevedendo in particolare, per evitare il blocco dei meccanismi
 offerti alla parte, di restringere l'opponibilità al
 giudice o all'esperto del segreto professionale, così come la sanzione
      della
 parte che ostacola l'esecuzione della misura.
 
 L'esistenza di tali vie di diritto offerte alla parte giustificherebbe in
 egual misura più fortemente l'applicazione da parte del giudice delle
 disposizioni legali relative alle costituzioni di parte civile abusive e
      la
 condanna più frequente delle parti civili che hanno messo in opera in
      modo
 dilatorio l'azione pubblica, ciò è a dire quando la vittima avrà
 deliberatamente scelto la via penale, allorquando altre vie procedurali si
 offrivano ad essa, con un'intenzione di nuocere più forte della difesa
 giusta dei suoi interessi.
 Infine, se la penalizzazione eccessiva dei ricorsi dovesse durare
      nonostante
 l'evoluzione della pratica giudiziaria che raccomandiamo, sarà necessario
 prevedere un vero dibattito di fondo IN ATTESA DI UNA RIFORMA PIÙ
 SOSTANZIALE DELLA PROCEDURA CIVILE CHE TENDE A RAFFORZARE - PER
 RIEQUILIBRARLI - I POTERI DEL GIUDICE CIVILE RISPETTO A QUELLI DEL GIUDICE
 PENALE.
 
 
 Pierre Bezard est président de chambre honoraire à la Cour de cassation.
 Jean-François Burgelin est procureur général de la Cour de cassation.
 Philippe Courroye est premier juge d'instruction à Paris. Jean-Michel
 Darrois est avocat. Marie-Noëlle Dompé est avocate. François Franchi
      est
 premier substitut du procureur de la République de Paris. Didier Martin
      est
 avocat. Elodie Mulon-Montéran est avocate. Christophe Vacandare est
 vice-président placé auprès du premier président de la cour d'appel de
 Paris. Fabrice Vert est vice-président du tribunal de grande instance de
 Paris.
 
 <<Le Monde>> . ARTICLE PARU DANS L'EDITION DU 02.10.03
 
 
 
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